Le letture: Ger 33,14-16; 1Ts 3,12 – 4,2; Lc 21,25-28.34-36
La prima obiezione dinanzi al testo proposto in questa domenica di Avvento, presenta, secondo lo stile tipico del narratore evangelista, uno scenario terrificante per la distruzione che comporta.
In realtà questi segni li possiamo constatare? Non parzialmente, vale a dire qua o là ma radicalmente in alcune zone del nostro pianeta bisogna affermare che stanno avvenendo. Mutamenti atmosferici, catastrofi, sono un preludio, un avvertimento.
Tuttavia, l’accento primo cade sulla libertà della persona che può scegliere di vivere in ascolto della Parola oppure in ascolto dello spirito del tempo, di quelle vane elucubrazioni che sottraggono lucidità alla mente e impediscono di avvertirsi liberi nel profondo.
Nel brano è porta non la soluzione magica ma la certezza di saper dare il valore a quanto avviene: “Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina”.
Subito all’inizio quando un cataclisma si annuncia non bisogna scomparire, cedere, nascondersi e, infine, soccombere.
“Risollevatevi”: quindi si era a terra, fisicamente o con il morale, cioè atterriti, spaventati, demotivati.
“Alzate il capo”: guardate in faccia la realtà, imponetele la sfida di un animo sicuro, aggrappato alla Roccia che è Cristo.
Non perché il rifugio atomico regge (o si crede che regga) e la scorta di viveri è tanto certa da consentire la sopravvivenza per qualche anno, ma perché è annunciato l’arrivo del Liberatore.
Non dagli eventi stessi ma dall’esito degli eventi sulla persona e sulla sua concezione di vita.
Alcune dinamiche che si innestano nel quotidiano possono sconvolgere lo sguardo del cuore, cioè del centro decisionale della persona, non in quell’aspetto emotivo che si lascia sbilanciare ma in quel fondo in cui ogni opzione è motivata seriamente nella sua validità.
Il cuore può appesantirsi, cioè risultare ottenebrato quando venga dissipato, corra dietro cioè ad ogni novità che promette una vita, comoda, priva di fatiche e quindi di responsabilità. Tipica di chi sia centrato su se stesso e su se stesso si rigiri crogiolandosi e disperdendosi in
- ubriachezza, cioè l’eccesso che squilibra e falsa i parametri di giudizio;
- affanni, in quanto logora ma che, veramente, è fallace, illusorio;
Chi se ne astenga, può proporsi una postura di vigilanza che non si lascia sorprendere ma attende Colui che viene, il Liberatore.
Tutto si potrà sfuggire se il cuore sarà in Lui e con Lui: leggero non pesante. (Cristiana Dobner)