Roma – Proporre la storia della Fondazione Migrantes oggi non significa solo “rievocare la memoria del passato, né offrire al lettore soltanto uno studio storico – sebbene certamente anche di questo si tratti, e per giunta lungo e accurato. Il rischio, in questi casi, sarebbe infatti quello di dare l’impressione di occuparsi di qualcosa di già concluso, di un percorso – per quanto lungo e significativo – ormai compiuto e nei confronti del quale, per diversi motivi, si intende voltare pagina”. E’ quanto scrive il direttore generale della Fondazione Migrantes, don Gianni De Robertis, nell’editoriale che apre il nuovo numero del periodico di formazione e di collegamento dell’Organismo pastorale della Cei dedicato, in gran parte, alla presentazione di cinque volumi sulla storia della Fondazione scritti da Simone Varisco “Impronte e Scie. 50 anni di Migrantes e Migranti”, edito da Tau.
Il volume si arricchisce di un inserto dedicato ad una riflessione su “I Millennials con Background migratorio, nuovi cittadini ‘felicemente italiani’” curata dalla Prof.ssa Cristina Pasqualini dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. La docente fa excursus nelle storie dei nuovi cittadini italiani sottolineando, nelle note conclusive, che “ancora una volta sono le giovani generazioni le più attrezzate a vivere il tempo presente, ‘naturalmente’ attrezzate di una buona capacità di integrazione, di venire a contatto e relazionarsi – in maniera spontanea e ricercata, in maniera bottom up e non top down – con le differenze; di incontrare le differenze dove le differenze sono presenti, nei tanti luoghi che frequentano, sui territori, nelle grandi città italiane, in cui molto spesso abitano. Tra i giovani, i nuovi cittadini italiani – scrive Pasqualini – sono i nativi-cosmopoliti per definizione, i più avvantaggiati a vivere il nostro tempo. Il processo di costruzione della propria identità è iniziato per questi giovani più di diciotto anni fa, una identità cosmopolita, aperta, la migliore possibile per vivere nella società presente. La cittadinanza è importante, perché rasserena e rassicura, ma soprattutto va meritata e ha un valore inestimabile, perché potenzia uno dei tratti generazionali a cui tengono di più: la libertà di muoversi in Europa e nel resto del mondo. Se compariamo le generazioni, quello che più stupisce noi adulti e studiosi dei Millennials è la loro spiccata ‘apertura’, che non possiamo fare altro che apprezzare, rispettare e preservare. Questa ‘apertura’ è la loro carta vincente per il futuro”.