Torino – “Nel Mediterraneo si rinnova la strage degli innocenti”. A dirlo ieri sera l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, nel corso di una veglia di preghiera “Morire di Speranza” nella chiesa dei Ss. Martiri in memoria di quanti hanno perso la vita nei viaggi verso l’Europa e il Nord del mondo. Queste “tragiche morti – ha detto il presule – fanno da corollario a tante altre violenze e soprusi, di cui sono oggetto molti immigrati, tante donne in particolare, e anche molti minori”.
Per mons. Nosiglia, , purtroppo, l’immigrazione verso il nostro Paese “ha suscitato in tanti, anche credenti, serie difficoltà nell’accettare quella accoglienza serena e positiva che dovrebbe essere propria di un popolo, come il nostro, che di emigranti ha riempito il mondo”.
Torino e “il nostro territorio si sono mostrati sempre accoglienti e in questo la Chiesa è stata ed è in prima linea. L’accoglienza, che comprende ovviamente anche il salvataggio in mare degli immigrati, in barconi spesso fatiscenti, rappresenta – ha aggiunto – un necessario passo, che dovrebbe essere posto alla base del nostro rapporto con ogni persona che chiede aiuto, sia italiano che straniero. Appellarsi alla responsabilità degli altri Stati Europei per affrontare insieme il problema dell’immigrazione in atto, in forte crescita, è giusto e doveroso, ma non può diventare un alibi per chiuderci a riccio e rifiutare e abbandonare al loro destino quanti giungono nei nostri mari, dopo lunghe e dolorose esperienze di guerra o di povertà estrema, molti dei quali anche minori e donne indifese, che hanno dovuto subire violenze di ogni genere. Il rifiuto ingenera una cultura e comportamenti carichi di preconcetti verso questi fratelli e sorelle, che possono sfociare in atteggiamenti e comportamenti razzisti e discriminatori, di cui abbiamo avuto triste esperienza nel passato”. Per i cristiani questo “dovrebbe essere doppiamente significativo, anche come dovere religioso di grande importanza, avendo Gesù deciso di identificarsi con ognuno dei ‘fratelli più piccoli’”. Il Vangelo, infatti, ricorda “che saremo giudicati su come avremo accolto e riconosciuto il Signore in chi ha fame, sete, è nudo o è in carcere o ammalato e in chi è forestiero: tutto ciò che avremo fatto a uno di questi fratelli, lo avremo fatto a Lui e, se non lo abbiamo fatto, abbiamo rifiutato Lui”.
Mons. Nosiglia ha quindi evidenziato che l’accoglienza dei senza dimora, di coloro che hanno perso la casa e il lavoro e degli immigrati e rifugiati “non basta a garantire loro una vita serena e dignitosa. Occorre procedere poi con l’accompagnamento, l’integrazione, la formazione, lo sbocco occupazionale, la condivisione dei propri valori culturali, religiosi e sociali. Sono i passi necessari per garantire a ognuno quella autonomia che permette non solo di impostare per il futuro la propria vita, ma di contribuire con il proprio apporto alla crescita del bene comune dell’intera società. Così, tanti fratelli e sorelle poveri o immigrati possono rappresentare anche una risorsa per la comunità civile”. Quello che preoccupa l’arcivescovo di Torino è che, mentre “c’è una larga schiera di volontari e realtà laiche e religiose che si coinvolgono con i problemi della povertà e delle necessità sia di italiani che stranieri, il popolo di Dio e la comunità civile restano spesso apatici e sembrano subire la situazione senza reagire, mostrando insofferenza, pregiudizi e ostilità”. Da qui l’urgenza di operare anche sul campo educativo e formativo, culturale e sociale, oltre che religioso, per “sostenere le ragioni dell’accoglienza nella mentalità, nello stile e scelte di vita di ogni membro della comunità. È dunque importante che le Chiese cristiane, i fedeli dell’Islam e di altre realtà religiose presenti sul nostro territorio facciano un patto di alleanza per raggiungere questi obiettivi comuni”. La preghiera di ieri sera, oltre al ricordo dei martiri defunti, è voluta essere anche la richiesta al Signore di “sostenere l’impegno di tutti noi, perché si avvii una politica e un’azione congiunta, sia sul piano religioso che culturale e sociale, capace di affrontare questo problema con giustizia e solidarietà. Noi riteniamo – ha quindi concluso mons. Nosiglia – che la preghiera possa favorire tutto ciò, perché, solo se Dio ci aiuta e ci guida, possiamo sperare di rinnovare il cuore di ciascuno e aprirlo alla conversione di cui ha bisogno, per impegnarsi a edificare una società più ricca di umanità e di amore verso tutti, nessuno escluso.