Città del Vaticano – L’Amazzonia è una regione “multietnica, pluri-culturale e pluri-religiosa, uno specchio di tutta l’umanità che, a difesa della vita, esige cambiamenti strutturali e personali di tutti gli essere umani, degli Stati e della Chiesa”. Lo si legge nel documento preparatorio del Sinodo dei Vescovi per la Regione Panamazzonica – presentato questa mattina nella Sala Stampa della Santa Sede – sul tema “Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale” che si svolgerà nell’ottobre 2019. Questi cammini di evangelizzazione – si legge nel testo – “devono essere pensati per e con il Popolo di Dio che abita in quella regione: abitanti di comunità e zone rurali, di città e grandi metropoli, popolazioni che vivono sulle rive dei fiumi, migranti e profughi e, specialmente, per e con i popoli indigeni”. Attualmente fra il 70 e l’80% della popolazione di quel territorio risiede nelle città: “i movimenti migratori più recenti all’interno della regione amazzonica si caratterizzano, soprattutto, per il trasferimento degli indigeni dai loro territori d’origine alle città”. Molti di questi indigeni “non hanno documenti o sono irregolari, rifugiati, abitanti delle rive dei fiumi o appartengono ad altre categorie di persone vulnerabili”. Di conseguenza – spiega il documento – cresce in tutta l’Amazzonia “un atteggiamento xenofobo e di criminalizzazione verso i migranti e i profughi. Questo, al tempo stesso, favorisce lo sfruttamento delle popolazioni amazzoniche, vittime del mutamento di valori dell’economia mondiale, in base al quale il guadagno è più importante della dignità umana”. L’esempio citato è la “crescita drammatica del traffico di persone, specialmente donne, ai fini dello sfruttamento sessuale e commerciale”. Le donne, così, “perdono il loro protagonismo nei processi di trasformazione sociale, economica, culturale, ecologica, religiosa e politica delle loro comunità”.