Roma – E’ trascorso un lustro da quel 13 marzo 2013 quando il collegio cardinalizio ha scelto Papa Francesco come nuovo pontefice. Il primo Papa latino americano. Il primo successore di Pietro argentino di origine italiana. Un Papa che ha voluto mettere subito al centro del suo apostolato i poveri e i profughi e rifugiati. L’8 luglio dello stresso anno, sceglie Lampedusa come prima tappa del suo pontificato per ringraziare la popolazione, la parrocchia per “l’esempio di solidarietà e di accoglienza” e per “risvegliare le nostre coscienze” al senso della “responsabilità fraterna” sulla drammatica situazione dei rifugiati. “A Lampedusa ho incontrato da vicino la sofferenza di coloro che, a causa delle guerre o della miseria, si avviano verso l’emigrazione in condizioni spesso disperate. A Lampedusa ho visto l’encomiabile testimonianza di solidarietà di tanti che si prodigano nell’opera di accoglienza”, ha detto successivamente ricordando quel viaggio. E ancora ha visitato il Centro Astalli di Roma, l’isola di Lesbo, centri di accoglienza: tutte tappe che dimostrano la sua attenzione ai volti e alle storie dei migranti e rifugiati.
Nella sua esortazione apostolica “Evangelii gaudium” ha posto ancora una volta l’attenzione al dramma dei migranti coniugandola con la tratta degli esseri umani, lo sfruttamento sessuale e lavorativo, anche dei bambini, condannando ogni forma e struttura di esclusione sociale e sfruttamento: “tutto ciò – scrive il Papa – non può continuare, costituisce una grave violazione dei diritti umani delle vittime e una offesa alla loro dignità”.
La Fondazione Migrantes, organismo pastorale della CEI, assicura al Pontefice la preghiera costante e assidua di tutte le comunità straniere nel nostro Paese, delle comunità Rom, Sinti, dello Spettacolo Viaggiante e delle varie comunità di italiani all’estero.