Immigrazione a fumetti: Nathan Never vive l’odissea della fuga dalla guerra

Roma – Dopo “La lunga marcia” dedicata all’impegno antimafia, la casa editrice “Sergio Bonelli Editore” e lo sceneggiatore Thomas Pistoia, tornano a toccare nel fumetto “Nathan Never” un altro tema sociale importante come quello dei migranti. Nel numero in edicola questo mese, dal titolo “Fuga da Europa” (n. 321), il protagonista, i cui albi sono curati da Glauco Guardigli e che fu creato più 25 anni fa da Michele Medda, Antonio Serra e Bepi Vigna, si trova a svolgere una delicata indagine sulla tratta di esseri umani in fuga dalla guerra, vivendola lui stesso in prima persona e sotto copertura con l’identità di “Bilal”. Il nome è ripreso dal libro-inchiesta del giornalista Fabrizio Gatti “Bilal. Viaggiare, lavorare, morire da clandestini” (BUR, 2007), “per scrivere il quale si finse immigrato clandestino per narrare in prima persona l’odissea dei migranti, tra viaggi della speranza, sopravvivenza e sfruttamento”, ricorda nell’introduzione all’albo Luca Del Savio.

Nel suo viaggio Nathan Never si troverà ad affronterà, insieme agli altri profughi, le vicende più drammatiche, a partire dall’attraversamento del deserto e l’imbarco fortunoso su alcune navette dirette sulla Terra. L’esito del viaggio, per i più fortunati, sarà un “centro di identificazione”, dove il protagonista si troverà a pensare: Ci trovano in mezzo al nulla, vivi e appena in tempo, ma non ci prendono per mano. E cercano ovunque, anche nei nostro occhi, la ragione più sincera, il senso assoluto di un viaggio così lungo. L’identificazione. Ma nessuno ha insegnato loro a leggere in un’anima”.

“La storia – ci dice Pistoia, qui alla sua seconda sceneggiatura con l’“Agente Alfa” – è stata scritta tra il 2013 e il 2014, ed è stata molto influenzata dagli avvenimenti di cronaca di quel periodo, in particolare il naufragio davanti all’Isola dei Conigli (quando il 3 ottobre 2013 i morti furono 368, tra cui molte donne e bambini, ndr) e la vicenda dei migranti disinfettati all’aperto e al freddo, in quello che all’epoca era il CTO di Lampedusa. Ma soprattutto devo molto alla lettura del libro di Gatti, da cui ho ripreso anche l’espediente di far parlare di sé il protagonista, Nathan Never, in terza persona come Bilal”. “Ovviamente – aggiunge Pistoia – l’ambientazione è necessariamente diversa, dato che si tratta di un fumetto di fantascienza, ma del libro di Gatti ho mantenuto nella sceneggiatura due tratti universali del carattere umano: la malvagità e la disperazione”.

“Delle suggestioni e degli spunti ricavati dal libro di Gatti, Pistoia – sceneggiatore, scrittore e poeta – ha tratto la giusta linfa per quella che originariamente doveva essere la sua prima opera neveriana – scrive ancora Del Savio – . Già in passato i lettori hanno dimostrato di apprezzare i racconti che, in ambito fantastico, riescono a parlare della realtà che ci circonda”.

“Come già spiegato  – ci dice Guardigli -, questa fu la prima storia in ordine di tempo di Thomas che ho approvato. Apprezzandone la scrittura, avevo sollecitato qualche soggetto e le due storie che mi ha proposto erano entrambe molto legate all’attualità”. “E’ ovvio – aggiunge il curatore di Nathan Never – che questo genere di storie crei qualche difficoltà in più e debba essere trattato con le classiche ‘molle’: il rischio di provocare risposte eccessivamente di pancia è sempre dietro l’angolo, e questo spiega due sole storie con queste tematiche in un periodo di più di due anni, ma qui alla Bonelli non ci sono preclusioni su questi argomenti”.

“La scrittura di Thomas è potente – ci spiega ancora Giardigli -, lui ci crede fino in fondo e la materia è sempre trattata con grande rispetto, credo. E in questo ha trovato una sponda di grande esperienza dei disegni di Romeo Toffanetti che ha saputo interpretare la sceneggiatura rispondendo più ai suggerimenti tra le righe e di atmosfera che alle vere e proprie descrizioni”. La sua bravura in effetti si può apprezzare in tutte le tavole dell’albo, ma soprattutto nella scena del “naufragio” spaziale (ripresa anche nella copertina di Sergio Giardo).

Precisa anche una scelta estetica voluta da Pistoia, nel far rendere graficamente i migranti non con una connotazione etnica identificativa, bensì richiamando tutte le caratteristiche del genere umano, a partire dalla protagonista Dora, che ha tratti caucasici ed è bionda. “Sono coloni terrestri, scappano dalla guerra da un satellite di Giove che non a caso si chiama Europa. Ho voluto ricordare a me stesso e ai lettori che può capitare a tutti di essere ‘stranieri’ e ‘migranti’ rispetto a qualcun altro. Quando si emigra non c’è nazionalità, c’è la disperazione e la sfortuna di una guerra, che può capitare ad ogni popolo”, conclude Pistoia, che alla protagonista Dora farà anche dire: “La guerra ha un solo colore. Quello del sangue”.

Quindi più che una storia “politica”, per Guardigli “lo sguardo di Thomas e Romeo è piuttosto sull’ingiustizia, quella che è sotto gli occhi di tutti e che non ha bandiere, e di cui ‘tutti noi’ ci occupiamo sempre troppo poco, che si sia in tempo di elezioni oppure no”. (FSp – RedattoreSociale)