Una nota della Fondazione Migrantes
Roma – L’accordo di integrazione approvato dal Consiglio dei Ministri è certamente un passo avanti nella necessaria attenzione dello Stato e della società civile a un processo irreversibile, quale è l’immigrazione in Italia. Ormai siamo vicini al dato di una persona immigrata, seppur metà dei quali comunitari, ogni dieci cittadini italiani. Cinque milioni di persone che stanno cambiando i luoghi fondamentali della nostra vita: la scuola, la famiglia, il lavoro, anche l’esperienza religiosa. L’accordo di integrazione interpreta questo fenomeno migratorio che interessa in profondità il nostro Paese, sottolineando il valore della conoscenza della lingua e delle istituzioni del nostro Paese. Per questo non si può che salutare come un passo avanti, uno strumento positivo nel processo sociale e culturale. L’integrazione, però, come ha scritto anche recentemente la Comunità europea e come è ormai un dato condiviso nella letteratura sociale e politica, non è un processo unilaterale – di stranieri che si adattano, imparano soltanto -, ma di nuovi cittadini che si incontrano, sono chiamati a rispettarsi, a costruire insieme una nuova città.
L’integrazione è una azione biunivoca che chiede anche un nuovo sapere, una nuova piazza, un incontro che vede tutti protagonisti. Nessuno impara e ama vivere nella città se non ritrova altri con lo stesso amore, rispetto, voglia e interesse per il bene comune. L’accordo per l’integrazione chiede di diventare una tappa perché tutti riconoscano diritti e doveri, rileggano la cittadinanza come un’occasione da estendere per tutelare e aiutare ogni persona, soprattutto i nuovi e i piccoli, a partecipare alla vita sociale e culturale della città e del Paese.
C’è chi fatica di più a entrare dentro la città. Da un’indagine che Migrantes sta conducendo in Emilia Romagna – dal titolo ‘100 storie di integrazione – cinesi e magrebini, rispetto alle persone dei paesi dell’Est, le persone immigrate sole, rispetto a chi vive con la propria famiglia o in famiglia (l’oltre un milione di badanti) sono coloro che faticano di più a entrare in città, a riconoscere opportunità, a vivere bene. Questi dati chiedono un particolare sforzo e un lavoro comune per l’integrazione più intenso in una direzione che verso altre, oltre all’impegno di valorizzare molto il contesto familiare, attraverso i ricongiungimenti familiari, per far sì che il processo d’integrazione abbia una base sicura.