Roma – Mentre a Roma si discute del codice di condotta dei salvataggi, nel Mediterraneo si continua a morire. A poche miglia dalla Libia si è consumata ieri l’ennesima tragedia del mare. Undici migranti morti sono stati trovati sul fondo di un gommone con 167 persone a bordo salvate dalla Ong spagnola Proactiva Opena Arms. Tra le vittime, informa l’associazione, «ci sono diverse donne incinte e diverse madri». «Abbiamo i loro familiari a bordo» aggiungono. Le immagini che arrivano dal Mediterraneo sono drammatiche: corpi senza vita ammucchiati, non riportano ferite visibili. Il gommone è stato trovato alla deriva in mezzo al mare, a 15 miglia dalla costa libica. Forse sono morti per asfissia, o per disidratazione. Non ce l’hanno fatta a resistere senza acqua nè cibo, sotto il solleone e il caldo asfissiante. Il mare era agitato e le onde alte. «In totale 13 cadaveri – scrivono su Twitter i volontari spagnoli – persone che avevano nome, cognome, madre, padre, amici e vita». Altri 70 migranti, che viaggiavano su un barchino «che sembrava quasi un giocattolo» sono stati invece raggiunti e salvati dalla nave di Save the Children. Anche in Turchia si è sfiorato l’ennesimo naufragio. La Guardia costiera turca fa sapere infatti di aver tratto in salvo 113 siriani, compresi 34 bambini, a bordo di un gommone che stava affondando nel Mar Egeo al largo di Seydikemer.