Roma – Ancora sbarchi e arrivi. Non si fermano i viaggi della speranza. E i numeri fanno presagire un anno particolarmente difficile e impegnativo. Perché nei soli primi tre mesi si è già registrato il 115% in più di arrivi rispetto al 2015, l’anno per eccellenza con il maggior numero di sbarchi dall’inizio della crisi nordafricana. Gli ultimi dati diffusi dal Viminale confermano 21.939 migranti arrivati sulle nostre coste dall’inizio dell’anno, il 51,25% in più rispetto allo stesso periodo del 2016 (un aumento, addirittura, del 115,83% rispetto al 2015).
C’è preoccupazione anche per i minori non accompagnati che hanno attraversato il Mar Mediterraneo: in tutto 2.293 verso l’Italia sino ad oggi dal primo gennaio. Complessivamente nel 2016 ne sono stati accolti 25.846, più del doppio rispetto all’anno precedente (12.360). Arrivano soprattutto da Guinea, Nigeria, Bangladesh, Costa d’Avorio, Gambia, Senegal, Marocco, Mali, Somalia ed Eritrea.
Ma, a fronte degli oltre 170mila (per l’esattezza 174.495) migranti attualmente accolti in Italia, solo 6mila potranno essere ricollocati entro settembre in altri Paesi europei. Lo ha confermato ieri il Commissario europeo responsabile dell’Immigrazione, Dimitris Avramopoulos, al termine di una riunione.
«In Grecia ci sono 20.000 persone eleggibili – ha spiegato Avramopoulos – in Italia il numero è di 6.000 registrati per la relocation, in gran parte eritrei». Il numero potrà però aumentare a seconda degli arrivi anche se sulla base dei criteri approvati dalla Commissione, solo i richiedenti asilo appartenenti a una nazionalità per la quale la percentuale di riconoscimento della protezione internazionale a livello europeo è pari o superiore al 75 % sono “ricollocabili”. Di fatto, si tratta dei richiedenti asilo di Burundi, Eritrea, Maldive, Oman, Qatar, Siria e Yemen. Nazionalità che solo raramente (ad esclusione appunto dell’Eritrea) sono fra quelle dichiarate dalla maggior parte di migranti sbarcati in Sicilia. Avramopoulos è tornato nuovamente a sollecitare «uno sforzo maggiore» a tutti gli Stati membri. «Non ci sono più scuse – ha aggiunto – Non serve più discutere sulle rilocation, servono risultati». Anche se ieri è arrivato lo strappo definitivo dall’Austria che ha confermato di voler uscire dal piano di ricollocamento approvato dall’Ue. «Credo che l’Austria abbia dato un contributo umanitario sufficiente», ha commentato il ministro della Difesa austriaco, Hans-Peter Doskozil, annunciando che conta di trovare già un accordo oggi, quando porterà la proposta al Consiglio dei ministri. Anche l’Ungheria alza il filo spinato ed annuncia di essere pronta a iniziare la detenzione per i richiedenti asilo in campi al suo confine meridionale con la Serbia.
Intanto proseguono i salvataggi in mare. La “Prudence” della Ong Medici senza frontiere, in missione dallo scorso 20 marzo ha effettuato la sua prima operazione, con ben 540 persone tratte in salvo in poche ore. I migranti si trovavano alla deriva su un barcone in acque internazionali di fronte a Sabratha. Dopo aver ricevuto una chiamata dal Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo (Mrcc) intorno alle 2.15 del mattino il team Msf si è trovato a dover gestire una barca di legno «in condizioni molto precarie». Molte donne e molte bambini, tra i soccorsi c’è anche un neonato di un mese, il piccolo Abdul, nato in Libia, ed altri 15 bambini tra 1 e 12 anni. (D.Fas.)