Città del Vaticano – “La scelta e la decisione dell’Ungheria in questa direzione è gravissima. Dovrebbe portare, proprio per la gravità del fatto, a mettere in discussione il fatto che l’Ungheria possa rimanere nel contesto europeo alla luce di questa decisione che non tutela un diritto fondamentale all’interno dell’Europa stessa. Quindi è un fatto che dovrebbe essere preso in esame dalla Commissione europea in relazione proprio a questo, oltre ad essere un fatto grave, perché in un Paese dove sono state accolte meno di 600 domande di asilo, essere incapaci di gestire un numero così ridotto, significa non avere alcuna intenzione di tutelare un diritto fondamentale”. E’ quanto ha affermato Mons. Gian Carlo Perego commentando, in una intervista a Francesca Sabatinelli di Radio Vaticana, la decisione del parlamento ungherese che ha approvato una legge che prevede la detenzione per i richiedenti asilo fino alla decisione sul loro destino e, quindi, la loro chiusura in campi di container al confine con la Serbia e la Croazia, circondati da recinzioni di filo spinato. “È un fatto grave che speriamo veda subito una decisione da parte dell’Europa di infrazione grave che possa portare anche a mettere in discussione il fatto che un Paese che rifiuta un diritto fondamentale come il diritto d’asilo possa far parte dei Paesi europei”, ha aggiunto il direttore di Migrantes. Dal Consiglio d’Europa è anche arrivato un richiamo all’Italia, contenuto in un rapporto del rappresentante speciale del segretario generale per le migrazioni e i rifugiati, Tomas Bocek, nel quale si chiede alla penisola di riformare “le procedure di richiesta d’asilo in modo d’accelerare il processo”. L’indicazione europea – commenta Mons. Perego – va nella direzione, “già condivisa anche nel contesto italiano, di un unico sistema di accoglienza diffuso sul territorio, che preveda anche dallo stesso punto di vista un unico sistema di accoglienza nel contesto europeo in tutti i Paesi. Un sistema diffuso che abbia le stesse garanzie e le stesse modalità di accoglienza e al tempo stesso di rispetto e tutela dei richiedenti asilo a seconda delle loro caratteristiche, quindi con un’attenzione particolare anche alla fragilità e ai minori non accompagnati”. “Credo – ha poi aggiunto – che l’indicazione trovi un’Italia in questo momento ancora per l’80 percento organizzata su Cas, quindi su ‘Centri di accoglienza straordinaria’, ma che insieme all’Anci, al terzo settore e alla realtà ecclesiale ha fatto comunque la scelta di un’accoglienza diffusa. Quindi l’indicazione europea non fa che rafforzare un percorso che l’Italia ha già scelto”.