Bologna – Una preziosa occasione di riflessione e di formazione, la giornata promossa lunedì scorso, a livello regionale, da tre Uffici pastorali della diocesi di Bologna: Caritas, Migrantes e Pastorale familiare, per riflettere sul tema dell’ accoglienza, imparando a guardare ai migranti come a persone, inserite nella loro trama di relazioni, soprattutto familiari, con luci e ombre e tante potenzialità.
La professoressa Maddalena Colombo dell’Università Cattolica di Milano, ha aperto i lavori offrendo una chiave di lettura preziosa del fenomeno. L’accoglienza sarà dunque più piena e integrata se si guarda non agli individui, ma alla famiglia dentro al fenomeno della migrazione.
«La famiglia è un po’ la chiave di volta della migrazione – ha spiegato Maddalena Colombo – anzi si può capire la migrazione più in profondità proprio a partire dalla famiglia. C’è sempre una scissione da cui si genera una nuova cellula e questo è ciò che è avvenuto per il migrante, anche se apparentemente è solo. Da questo punto di vista vanno compresi i suoi legami sul posto perché sono quelli che più direttamente aiutano il suo inserimento prima, e poi naturalmente l’integrazione, ma con un occhio anche ai legami che permangono al di là magari nei confini».
Oggi in Italia, infatti, un bambino su cinque ha almeno un genitore straniero e – nonostante le apparenze – se oggi nel nostro Paese aumenta il numero degli stranieri, questo accade non tanto per l’arrivo di altre persone, quanto per la nascita di bambini che non hanno la cittadinanza, ma che crescono qui e si affacciano alla vita con la lingua e la cultura italiana. È il tema delicato delle seconde generazioni, che va oltre la semplice questione del diritto di cittadinanza.
La famiglia migrante, sostiene la professoressa, ha bisogno di essere accolta con intelligenza, ma per la vecchia Italia c’è anche tanto da imparare: «ma se sono nati qui prevale di solito il volersi assimilare, cioè voler “neutralizzare” la loro faccia da immigrato: anche questa è una tendenza che possiamo accompagnare in una diversa rielaborazione, perché se non hai fatto i conti prima con le tue origini, potresti farlo un giorno e questo potrebbe essere anche traumatico con costi personali ma anche sociali. E’ perciò importante che sia data loro la possibilità di elaborare una integrazione senza assimilazione». (Andrea Caniato)