22 Aprile 2024 –
Città del Vaticano – In questa domenica, la quarta di Pasqua, la Chiesa vive la Giornata delle vocazioni, e ricorda, nel Vangelo di Giovanni, la figura del buon pastore che veglia e protegge. Immagine che non è soltanto riferita al contesto sociale e culturale del tempo in cui Gesù è vissuto, e che vedeva nel quotidiano la presenza di greggi e pastori, ma comunica una visione della vita cristiana che coinvolge tutti noi, e che mette in primo piano il buon pastore, appunto, e dall’altro il mercenario e il lupo. Questi ultimi due hanno, per così dire, una visione simile: il mercenario agisce per fini personali, per denaro e non si cura di abbandonare il gregge nel momento del pericolo; il lupo “le rapisce e le disperde” come leggiamo in Giovanni. Agiscono, i due, con indifferenza e egoismo e guardano solo alla propria soddisfazione, al proprio tornaconto.
È l’immagine di una realtà che non guarda l’altro, e oggi possiamo dire non guarda i poveri e i profughi che cercano di raggiungere altre terre per costruirsi e costruire per la propria famiglia un futuro migliore; è la cultura dello scarto per usare sempre le parole di Papa Francesco.
Il buon pastore, invece, è colui che conosce le pecore, anzi dà la vita per le proprie pecore. “Gesù – ricorda Papa Francesco al Regina caeli – non è solo un bravo pastore che condivide la vita del gregge”, ma per noi “ha sacrificato la vita e, risorto, ci ha dato il suo Spirito”. Di più, come leggiamo nel quarto Vangelo, il buon pastore- Gesù ha “altre pecore che non provengono da questo recinto. Anche quelle deve guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore”. Facile leggere qui l’invito a non fermarsi al proprio popolo ma guardare anche oltre, anche a coloro che appartengono a altre culture e a altri paesi.
Ecco perché la Chiesa celebra, in questa domenica, la Giornata delle vocazioni, per ricordare che il sacerdote non è un funzionario, non un manager ma deve assumere la mentalità del servo, diceva Papa Francesco nel 2015, “a imitazioni di Gesù che, spogliando sé stesso, ci ha salvati con la sua misericordia”. E ancora affermava che il pastore non è un collezionista di antichità; la prospettiva non è più quella delle novantanove pecore nel recinto: oggi nel recinto ne abbiamo una sola e le novantanove le dobbiamo andare a cercare.
Benedetto XVI, il 3 maggio del 2009, metteva in guardia i nuovi sacerdoti: il mondo, spiegava, “è una mentalità, una maniera di pensare e di vivere che può inquinare anche la Chiesa, e di fatto la inquina”. E aggiungeva: “siamo nel mondo, e rischiamo di essere anche del mondo”.
Parlando al Regina caeli Francesco ha affermato che ognuno di noi è “importante” per Cristo: “lui mi pensa, sono insostituibile, valgo il prezzo infinito della sua vita. E questo non è un modo di dire: lui ha dato veramente la vita per me, è morto e risorto per me. Perché mi ama e trova in me una bellezza che io spesso non vedo”.
Il buon pastore-Gesù “ci conosce” afferma ancora il vescovo di Roma, “ci chiama per nome e, quando ci smarriamo, ci cerca finché ci ritrova”. E questo perché “ci pensa come l’amore della sua vita”. Per lui siamo un valore, mentre oggi tante persone “si ritengono inadeguate o persino sbagliate. Quante volte si pensa che il nostro valore dipenda dagli obiettivi che riusciamo a raggiungere, dal successo agli occhi del mondo, dai giudizi degli altri. E quante volte si finisce per buttarsi via per cose da poco. Oggi Gesù ci dice che noi per lui valiamo tanto e sempre”.
Ancora una volta, come domenica scorso, il Papa ha messo in primo piano la via del negoziato per fermare i conflitti che insanguinano Israele, Palestina e l’Europa. Ha detto di seguire “con preoccupazione, e anche con dolore, la situazione in Medio Oriente”. Per questo ha rinnovato “l’appello a non cedere alla logica della rivendicazione e della guerra; prevalgano invece le vie del dialogo e della diplomazia, che può fare tanto”. La sua preghiera quotidiana è “per la pace in Palestina e in Israele” e spera che quei “due popoli possano presto smettere di soffrire”. E preghiera di pace per “la martoriata Ucraina che soffre tanto per la guerra”. (Fabio Zavattaro – Sir)