18 Aprile 2024 – Roma – Il Centro Astalli ha presentato oggi a Roma il suo rapporto annuale. All’incontro ospitato dalla Curia Generalizia dei Gesuiti, in Borgo Santo Spirito, moderato dal giornalista di Avvenire Luca Liverani, hanno partecipato esponenti delle istituzioni e rappresentanti delle diverse religioni, a testimonianza della rete di dialogo intrecciata dal Centro sul territorio, collaboratori, volontari e alcuni tra i rifugiati sostenuti dal Centro, che nel 2023 in Italia sono stati in tutto circa 22.000. È stata l’occasione per ripercorrere l’anno delle migrazioni appena trascorso attraverso la lente dell’impegno quotidiano di questa importante realtà, sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati (JRS), fondata da padre Arrupe oltre 40 anni fa e da allora attiva al servizio di chi arriva in Italia in cerca di protezione. Prendendo spunto dal rapporto, si è riflettuto sui bisogni e gli ostacoli, vecchi e nuovi, sempre in crescita, che attendono chi lascia il proprio Paese nel sud del mondo diretto in Europa, sulle risposte politiche e normative che il continente ha fornito a questo fenomeno, confermatesi miopi ed inefficaci anche nel 2023, esclusivamente orientate alla chiusura e al respingimento a discapito dei diritti umani. Ma si è ragionato anche sui risultati raggiunti, e sull’idea che sta alla base di ogni iniziativa del Centro Astalli, di riconoscimento in ogni essere umano dell’inviolabile dignità della persona.
Dopo i saluti del sindaco di Roma Roberto Gualtieri, che ha ringraziato il Centro per il suo fondamentale lavoro in città – 11.000 persone sono state accompagnate nel 2023 solo a Roma – ed espresso il proposito dell’amministrazione di potenziare servizi e accoglienza in favore delle persone migranti, è intervenuto padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, che ha anticipato come si sono declinate nel 2023 le tre azioni che compongono la missione del Centro: accompagnare con servizi di prima accoglienza, servire favorendo l’inclusione e la promozione personale, difendere i diritti a livello legale e mediante la sensibilizzazione. Citando papa Francesco, Ripamonti ha sottolineato la complessità del fenomeno migratorio, non conciliabile con l’approccio emergenziale che ha caratterizzato l’intervento legislativo in materia (anche) nello scorso anno. Ha avvertito che le persone arrivano in Italia sempre più vulnerate, da percorsi migratori sempre più traumatici, e che anche sul territorio nazionale i bisogni sono in esponenziale aumento, compresi quelli essenziali relativi all’abitare e alla salute mentale. Monsignor Enrico Trevisi, vescovo di Trieste, ha raccontato l’esperienza della sua città, situata lungo una frontiera permeabile, punto di arrivo di una rotta migratoria che dal sud est asiatico risale attraverso i Paesi balcanici sino in Italia per poi proseguire verso il nord Europa, ed è affollata di giovani e persino bambini, spesso in viaggio con la loro intera famiglia. Trevisi ha descritto la crisi dell’accoglienza in città, simboleggiata dal vecchio silos sul porto, esposto alle intemperie e in condizioni igieniche critiche, in cui si riparano centinaia di richiedenti asilo in mancanza di posti nell’accoglienza cui pure avrebbero diritto. E ha raccontato del dormitorio allestito dalla Caritas per offrire un letto e beni di prima necessità a chi si ferma per una sola notte prima di proseguire il suo cammino. Questa ed altre iniziative di volontariato intraprese dalla società civile triestina non possono essere la soluzione al problema, ha detto il vescovo, ma, in attesa di interventi strutturali, consentono di sanare la dignità violata di persone provate da un viaggio violento e da un’accoglienza inumana e al tempo stesso quella di una città che, girandosi dall’altra parte, tradirebbe la propria umanità. Nell’ultimo intervento, la direttrice dell’Istituto Affari Internazionali Nathalie Tocci ha fornito un’analisi delle politiche migratorie europee, improntate da decenni all’obiettivo della chiusura dei confini tramite l’esternalizzazione dei controlli delle partenze, delegati ai Paesi di transito delle rotte migratorie. Queste politiche non hanno mai funzionato, ha spiegato Tocci, a causa dell’instabilità dei regimi con cui sono siglati gli accordi e dell’impossibilità di frenare il movimento umano. Servono invece accoglienza, che il Centro Astalli pratica ogni giorno e che anche l’UE ha saputo predisporre in favore dei profughi ucraini, e sostegno a chi sceglie di restare nel Paese d’origine per combattere le cause dell’emigrazione.
Alla presentazione, i numeri e i fatti del rapporto hanno preso corpo e voce in Maurice, nigeriano, e Darya, bielorussa, testimoni delle violazioni dei diritti umani subite nei loro Paesi – gli effetti del riscaldamento globale e la lotta per risorse sempre più scarse, la violenza dell’estremismo, la repressione del dissenso e delle libertà civili – e nel viaggio migratorio, a rischio della vita attraverso la violenza della Libia e le onde del Mediterraneo. In Italia, Maurice ha ripreso gli studi e Darya ha trovato protezione per sé e suo figlio, e ora entrambi progettano di impegnarsi in difesa dei diritti di chi vive oggi le loro stesse esperienze. Le loro storie di fuga dolorosa lenita da un’accoglienza sana, che ha consentito la promozione delle loro forze, è la presentazione migliore che il Centro Astalli potesse avere. (Livia Cefaloni)