11 Marzo 2024 –
Città del Vaticano – Agli abitanti di Efeso Paolo scrive di un Dio ricco di misericordia; e Giovanni, nel dialogo tra Gesù e Nicodemo, ci dice che Dio “ha tanto amato il mondo da dare il figlio unigenito”. Ci avviciniamo alla Pasqua, siamo a metà del tempo liturgico, e l’invito che ci giunge dalle letture – anche dal libro delle Cronache, di fronte alle infedeltà di fedeli e sacerdoti Dio non dimentica il suo popolo e lo salverà – è messaggio di speranza. Non mancano certo le difficoltà, ieri come oggi, non mancano i problemi, ma la Pasqua che ci accingiamo a celebrare ci ricorda che la storia non si ferma al venerdì, c’è la domenica, la pietra rotolata, il sepolcro vuoto, la vittoria della vita sulla morte.
Vittoria che deve risuonare ovunque in particolare in quelle regioni i cui popoli sono vittime di guerre e violenze, e dove vivono poveri, persone sole e abbandonate. Così Francesco nel dopo Angelus dice di seguire “con preoccupazione e dolore” quanto sta accadendo a Haiti e invita a pregare perché “perché cessi ogni sorta di violenza e tutti offrano il loro contributo per far crescere la pace e la riconciliazione nel Paese, con il sostegno rinnovato della Comunità internazionale”. Preghiere anche per l’Ucraina e la Terra Santa: “cessino al più presto le ostilità che provocano immani sofferenze nella popolazione civile”. Parole che fanno seguito a quanto pronunciato nell’intervista alla Radiotelevisione svizzera con le quali chiedeva il “coraggio” del negoziato per uscire dal conflitto russo-ucraino e bollava come “irresponsabili” coloro che fanno la guerra.
Messaggio di speranza, dunque, e la pagina di Giovanni ci aiuta a comprendere il messaggio centrale del Vangelo. Nicodemo, un fariseo, va a trovare Gesù di notte, forse per non essere visto dopo la cacciata dei mercanti dal tempio, critica esplicita ai sadducei che avevano il compito di governare gli accessi dei fedeli. Forse anche per cercare di portare il giovane e famoso rabbi dalla sua parte; in qualche modo crede ma non ha ancora il coraggio di andare fino in fondo, di fare la scelta radicale e allora sceglie la notte: è un uomo in ricerca ma è ancora nell’oscurità, nella notte, appunto. “Il Signore lo accoglie, dialoga con lui e gli rivela di essere venuto non a condannare ma a salvare il mondo” afferma Papa Francesco all’Angelus, che ricorda come spesso nel Vangelo Gesù svela “le intenzioni delle persone che incontra, a volte smascherandone atteggiamenti falsi, come con i farisei, o facendole riflettere sul disordine della loro vita, come con la Samaritana”.
Il Signore legge nei nostri cuori ma non usa “giudizi privi di misericordia”. Siamo tutti peccatori, tutti sbagliamo, ma Gesù non usa “la conoscenza delle nostre debolezze per condannarci”, non se ne serve “per puntarci il dito contro, ma per abbracciare la nostra vita, per liberarci dai peccati e per salvarci”. A Gesù “non interessa farci processi o sottoporci a sentenze” afferma ancora il Papa, e il suo sguardo “non è un faro accecante che abbaglia e mette in difficoltà, ma il chiarore gentile di una lampada amica, che ci aiuta a vedere in noi il bene e a renderci conto del male, per convertirci e guarire con il sostegno della sua grazia”.
Cosa che invece facciamo noi, afferma il Papa, quando sparliamo, condanniamo l’altro, e facciamo pettegolezzi. “La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini – leggiamo nella pagina del Vangelo – hanno amato più le tenebre che la luce perché le loro opere erano malvagie”.
Infine, il pensiero di Francesco va alla donna – la Giornata internazionale dell’8 marzo – alle quali esprime vicinanza “specialmente a quelle la cui dignità non viene rispettata”. C’è ancora tanto lavoro da fare “perché sia riconosciuta concretamente la pari dignità delle donne”. E questo vale per ognuno di noi ma soprattutto per le istituzioni: “hanno il dovere fondamentale di proteggere e promuovere la dignità di ogni essere umano, offrendo alle donne, portatrici di vita, le condizioni necessarie per poter accogliere il dono della vita e assicurare ai figli un’esistenza degna”. (Fabio Zavattaro – Sir)