11 Aprile 2023 –
Città del Vaticano – Giovanni nel suo Vangelo scrive che a notare per prima che la pesante pietra del sepolcro non è più al suo posto è una donna, Maria di Magdala, giunta al luogo della sepoltura che era ancora notte. Gli uomini, gli apostoli, si erano dileguati e vivevano chiusi nella stanza del Cenacolo per paura. In un tempo come quello che viviamo in cui la comunicazione spesso è falsata da fake news, da interessi non sempre coincidenti con la verità dei fatti, Giovanni dà una lezione a noi giornalisti e ci dice quanto sia importante la testimonianza diretta, la fonte attendibile che ci consente di interpretare correttamente gli avvenimenti accaduti. Nessuno degli evangelisti narra il momento esatto della resurrezione, ma attraverso i testimoni diretti, si raccontano quei momenti così difficili da capire. Giovanni fa muovere nel racconto e sulla scena, come un abile cronista, o, se volete, un regista cinematografico, i personaggi: Maria rimane fuori dal sepolcro e, probabilmente, piange perché “hanno portato via il Signore dal sepolcro”. Informati da Maria che è corsa da loro, Pietro e Giovanni corrono verso il sepolcro, entrano, era ancora buio, e vedono i teli posati, il sudario piegato in un luogo a parte. E cosa pensano? Che qualcuno ha profanato il sepolcro, perché dalla morte non si torna indietro, e una nuova cattiveria è stata inflitta a quell’uomo giusto e innocente. Eppure, sapevano, dovevano ricordare le parole pronunciate da Gesù alla sorella di Lazzaro, Maria: “io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me anche se muore, vivrà”. La sera di Pasqua, poi, due discepoli sulla via di Emmaus incontrano il risorto e subito “partirono senza indugio” per annunciare la gioia di quel momento; infine, Pietro, che si trovava sul lago di Galilea, si tuffa per andare incontro a Gesù risorto appena lo ha visto.
La resurrezione di Cristo, ricordava Benedetto XVI, “non è il frutto di una speculazione, di un’esperienza mistica: è un avvenimento, che certamente oltrepassa la storia, ma che avviene in un momento preciso della storia e lascia in essa un’impronta indelebile”.
La Pasqua del Signore, ha affermato Papa Francesco nell’omelia della notte in basilica, ci spinge a andare avanti, a uscire dal senso di sconfitta, a rotolare via la pietra dei sepolcri in cui spesso confiniamo la speranza, a guardare con fiducia al futuro, perché Cristo è risorto e ha cambiato la direzione della storia”. Pasqua “invita a rotolare via i massi della delusione e della sfiducia”, e “ribaltare le pietre tombali del peccato e della paura”.
Quel correre del Vangelo di Giovanni torna nel Messaggio Urbi et Orbi che Francesco pronuncia dalla loggia centrale della basilica vaticana. Pasqua è un affrettarsi incontro al Signore, afferma; “affrettarsi in un cammino di fiducia reciproca, fiducia tra le persone, tra i popoli e le nazioni. Lasciamoci sorprendere dal lieto annuncio della Pasqua, dalla luce che illumina le tenebre e le oscurità in cui troppe volte il mondo si trova avvolto”.
Affrettiamoci, afferma ancora il vescovo di Roma, “a superare i conflitti e le divisioni e a aprire i nostri cuori a chi ha più bisogno. Affrettiamoci a percorrere sentieri di pace e fraternità”. Il pensiero di Francesco va ai tanti luoghi del mondo dove guerre e violenze minacciano la vita delle persone. È un lungo elenco che inizia dall’Ucraina: al Signore chiede aiuto per “l’amato popolo ucraino nel cammino verso la pace e effondi la luce pasquale sul popolo russo”. Quindi invoca conforto per i feriti e per coloro che hanno perso i propri cari in battaglia; per i rifugiati, i deportati, i prigionieri politici, e “tutti coloro che soffrono la fame, la povertà, e i nefasti effetti del narcotraffico, della tratta delle persone e di ogni forma di schiavitù”. Poi ancora Libano, Siria, Haiti, Sud Sudan, Repubblica Democratica del Congo, Gerusalemme.
Ai responsabili delle nazioni chiede di non discriminare nessun uomo o donna, né calpestare la loro dignità; di ricercare il bene comune nel rispetto dei diritti umani e della democrazia per costruire dialogo e convivenza pacifica. Pasqua, aggiunge, significa passaggio e “in Gesù si è compiuto il passaggio decisivo dell’umanità: dalla morte alla vita, dal peccato alla grazia, dalla paura alla fiducia, dalla desolazione alla comunione”. (Fabio Zavattaro – Sir)