7 Novembre 2022 – Città del vaticano – Ha terminato il suo lungo viaggio verso Gerusalemme, viaggio che abbiamo seguito di domenica in domenica, attraverso il racconto di Luca. Gesù ha raggiunto, dunque, la sua meta, il luogo di quell’esodo del quale aveva parlato con Mosè e Elia sul monte della Trasfigurazione. Viaggio fatto anche di incomprensioni, incredulità, sconfitte. Le sue parole hanno colpito, convinto, cambiato; ma hanno anche messo in difficoltà le coscienze. Nel suo cammino ha guarito anche di sabato, ha mangiato nelle case dei peccatori. In questa domenica Gesù si trova coinvolto in una polemica tra farisei e sadducei – il partito dei sacerdoti, negano la risurrezione – e condivide le domande dell’uomo sulla vita, la morte.
Anche Papa Francesco è al termine del suo viaggio in Bahrain, la prima volta di un Papa in questo arcipelago nel Golfo Persico, tra l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi, Iran e l’Iraq. Paese a maggioranza musulmana, ma aperto alle altre religioni, come ha detto Abdulla Atiya Sayed nell’incontro con i giovani: nella scuola del Sacro Cuore “ho avuto l’opportunità di celebrare non solo l’Eid (la festa della rottura del digiuno che, nel mondo musulmano, segna la fine del Ramadan); ho celebrato il Natale, il Diwali (la festa delle luci nel mondo indiano) e molte altre feste che scaldano il cuore … non c’era discriminazione se uno partecipava alla festa dell’altro”.
Proprio l’unità nella diversità è il primo grande messaggio che Papa Francesco ha voluto consegnare in Bahrain, omelia allo stadio nazionale, chiedendo di “non avere nemici, non vedere nell’altro un ostacolo da superare, ma un fratello e una sorella da amare”.
Nelle parole pronunciate in questi giorni del suo 39mo viaggio apostolico, Francesco ha utilizzato diverse immagini da lasciare come momento di riflessione in questo paese dove “imponenti grattacieli affiancano i tradizionali mercati orientali, antichità e modernità convergono, storia e progresso si fondano; genti di varie provenienze formano un originale mosaico di vita”. Ecco l’albero della vita – “emblema di vitalità che caratterizza il paese” – una maestosa acacia che si trova in un’area desertica, dove le piogge sono scarso.
Il messaggio è nelle radici e in questa pianta; dice il Papa: “pensiamo all’albero della vita e negli aridi deserti della convivenza umana distribuiamo l’acqua della fraternità: non lasciamo evaporare la possibilità dell’incontro tra civiltà, religioni e culture, non permettiamo che si secchino le radici dell’umano”.
Così nell’incontro di preghiera svoltosi domenica prima della partenza, Papa Francesco, ricordando il Vangelo di Giovanni, ha parlato “dell’acqua viva che sgorga dal Cristo e dai credenti”, e ha riproposto l’immagine del deserto: “in superficie emerge la nostra umanità, inaridita da tante fragilità, paure, sfide che deve affrontare, mali personali e sociali di vario genere; ma nel sottofondo dell’anima, proprio dentro, nell’intimo del cuore, scorre calma e silenziosa l’acqua dolce dello Spirito, che irriga i nostri deserti, ridona vigore a quanto rischia di seccare, lava ciò che ci abbruttisce, disseta la nostra sete di felicità. E sempre rinnova la vita. È di questa acqua viva che parla Gesù”.
La gioia è uno dei doni dello Spirito Santo assieme alla profezia e all’unità, ricorda Francesco. Per questo non può esserci spazio “”per le opere della carne, cioè dell’egoismo: per le divisioni, le liti, le maldicenze, le chiacchiere” che distruggono l’unità. Ancora, “le divisioni del mondo, e anche le differenze etniche, culturali e rituali, non possono ferire o compromettere l’unità dello Spirito”; e quando, a Pentecoste, lo Spirito del risorto “discende sui discepoli, diventa sorgente di unità e di fratellanza contro ogni egoismo”. Da qui scaturisce il messaggio del Papa, e, soprattutto, la preghiera per la fine dei conflitti che insanguinano il mondo. Francesco parla di Etiopia – “si continuino a percorrere le vie del dialogo” – di Libano, della “martoriata Ucraina”, preghiera “perché la guerra finisca”. Il Dio della pace, ha detto parlando ai membri del Muslim Council, “mai conduce alla guerra, mai incita all’odio, mai asseconda la violenza”; l’incontro, le trattative pazienti e il dialogo sono “l’ossigeno della convivenza comune”. (Fabio Zavattaro – Sir)