Ecco i dimenticati del Mediterraneo

21 Settembre 2022 –

Milano – Mentre è ancora aperta la ferita per la morte di tre bambini per sete e fame in attesa dei soccorsi in mare, non si fermano gli allarmi che arrivano dal Mediterraneo. Dalla rotta centrale, quella che unisce il Nord Africa – da Libia e Tunisia – all’Italia ma anche quella orientale, fra Grecia e Turchia. «Settanta vite a rischio vicino alla Libia» lancia l’sos Alarm Phone, contattato dal parente di uno dei migranti a bordo. Secondo le prime informazioni la barca partita da Sabrata la scorsa notte si sarebbe capovolta ieri mattina. Altre 53 persone (tra cui 5 bambini) hanno bisogno di aiuto in zona Sar di Creta e sono ancora in attesa di soccorso. L’ultimo contatto era avvenuto lunedì pomeriggio.

Il racconto dei naufraghi sbarcati a Pozzallo che hanno visto morire di fame e sete sei persone (fra cui 3 bambini) in attesa dei soccorsi lo scorso 12 settembre è drammatico. Sono partiti dalla Turchia il 28 agosto e sono rimasti in balia delle onde per 15 giorni a causa di un guasto al motore. Sono morti tre bambini, tra cui un undicenne in viaggio senza genitori, e tre adulti. «A bordo con noi c’era un signore con due bambini molto piccoli, che erano sul punto di morire per la fame. Così ho offerto loro il mio cibo per farli rimanere in vita» ha raccontato uno dei superstiti al team di Medici Senza Frontiere che ha fornito in questi giorni supporto psicologico. «Nonostante il cibo, i bambini non ce l’hanno fatta». «Per la disperazione abbiamo iniziato a bere acqua di mare, provando a filtrarla con i vestiti – racconta un ragazzo siriano sopravissuto – Ero consapevole che sarei potuto morire bevendo quell’acqua, ma non avevamo altra scelta». Non si è salvata Nour, invece, una signora anziana che soffriva di ipertensione. La terapia non ha fatto effetto o probabilmente non è riuscita a deglutire le sue medicine. Il suo aspetto ha iniziato a cambiare lentamente, finché non è morta.

«Dopo tre o quattro ore i corpi delle persone che non ce l’hanno fatta iniziavano a emanare un cattivo odore a causa del sole e del caldo. Abbiamo pregato, abbiamo lavato i loro corpi con l’acqua di mare, cercando di coprirli con quello che avevamo per seguire la tradizione e li abbiamo lasciati andare in mare» racconta un sopravvissuto.

«Dall’inizio di quest’anno, oltre 1.000 persone sono morte o risultano disperse nel Mediterraneo e più di 15.000 persone sono state intercettate e respinte arbitrariamente in Libia, anche se probabilmente i numeri sono molto più alti – spiegano dalla Ong Medici senza frontiere – Questa non è solo l’ennesima tragedia che si consuma alle porte dell’Europa ma è la conseguenza concreta di decisioni politiche europee che proteggono i confini piuttosto che gli esseri umani».

Si chiamava invece Wegihu e aveva 20 anni, il giovane eritreo trovato morto tre giorni fa nella barca con 59 migranti soccorsa dalla nave Open Arms Uno. Alcuni dei migranti hanno raccontato come nel momento in cui stavano per salire a bordo, in Libia il trafficante ha colpito il ventenne così violentemente che ha perso la vita e ha costretto gli altri a portare con loro il suo corpo. Sono in tutto 402 in attesa di un porto sicuro, mentre i 398 sulla Humanity 1 sono stati assegnati a Taranto. «Al gioioso sollievo – spiega la ong Sos Humanity – è seguita la delusione: 42 ore di viaggio tra la posizione della nave al momento della conferma e il porto di Taranto. La situazione è precaria, le scorte di acqua e cibo sono state pesantemente razionate e il tempo dovrebbe peggiorare di nuovo ». Fra le persone a bordo ci sono 55 minori di età inferiore ai 13 anni e, complessivamente, 110 minori non accompagnati.

«Open Arms ha trovato un cadavere su una barca con 59 persone a bordo. I migranti hanno raccontato che il loro compagno è stato ucciso di botte dai trafficanti sulla spiaggia. I racconti degli orrori della Libia continuano da anni, in un silenzio generale che fa sempre più rumore» accusa Flavio Di Giacomo, portavoce Mediterraneo di Oim. (Daniela Fassini – Avvenire)

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