Vangelo Migrante: XIV Domenica del Tempo Ordinario | Vangelo (Lc 10,1-12.17-20)

30 Giugno 2022 –

Continua il viaggio alla sequela di Gesù, iniziato domenica scorsa. Il rapporto con Gesù è quello di un discepolo che si lascia guidare ad una vita che non ha e non può darsi da solo.

Come arriva questa vita? è necessario qualcuno che la porti, qualcuno che la annunci e qualcuno che la accolga.

A portarla è Gesù. Nel Vangelo di questa domenica Egli dà le istruzioni ad altri 72 discepoli inviati “davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi”. In esse sono contenute le condizioni dell’annuncio che, a loro volta, sono anche le caratteristiche di chi annuncia.

Gli operai chiamati, sono mandati come agnelli in mezzo ai lupi, sono istruiti a non portare con sé né borsa, né sacca, né sandali e a non fermarsi a salutare nessuno lungo la strada. Il loro ingresso in ogni casa sia fatta solo con il saluto della ‘pace’…

E i discepoli partono. Vivono questa esperienza e tornano entusiasti perché hanno visto l’efficacia di questa parola. Ma Gesù sembra smontare il loro ‘successo’ perché non è quello il punto. Come a dire: “anche se avete dovuto combattere contro il demonio e avete vinto, non è questa la cosa più importante che avete fatto. Il punto è che voi siete per il cielo: il vostro nome è scritto nei cieli”.

È lì la fonte della missione ed è da lì che si riceve la grazia necessaria per compierla. Si è mandati. La trasparenza del discepolo è necessaria perché si possa riconoscere, attraverso di lui, ovunque, la persona di Gesù.

Questo è quello che vede e che serve a chi riceve l’annuncio, la vita da Gesù: il discepolo non è un lupo ma un agnello; non è un vincente ma un fragile. Non è un comunicatore che si impone rispondendo all’impulso del fascino delle cose terrene. Quell’annuncio non lo prevede. I discepoli sono addirittura persone ‘rifiutabili’. La loro forza non sono le cose materiali: non hanno soldi (la borsa) non hanno pane (sacca) ed hanno una sola strada da compiere (non hanno sandali). Sono persone che rinunciano ai propri progetti e non portano progetti alternativi.

Stupisce il fatto che Gesù non raccomanda gesti d’amore. Perché? Perché non serve essere uomini di Cristo per farlo. Aiutare è lo specifico di tutti gli uomini e non ‘solo’ dei discepoli. Ogni uomo sa a priori, comunque, di doversi occupare dei problemi materiali e dei bisogni degli altri. Il problema è che questo non basta. L’uomo ha bisogno di qualcosa che è oltre i soldi e il pane; qualcosa che è prioritario. La semplicità, l’essenzialità e l’unitarietà dell’annuncio sono il segno che chi porta il Vangelo non viene per le futilità.

Una sola è la parola che Gesù mette sulla loro bocca, all’ingresso in una casa: “pace!”

Il loro saluto non è un convenevole ma la ‘pace’. Parola usata e abusata: la si chiede a chi non ce l’ha o la si intende come un insieme di accordi e compromessi, una ‘non guerra; e, invece la pace è di Dio, viene dal cielo e solo Lui può darla.

Ed è tutto quello di cui gli uomini hanno bisogno.

Se il Vangelo ci semplifica su quello che conta veramente, il primo frutto è la pace.

Per chi la offre e per chi la riceve! (P. Gaetano Saracino)

 

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