30 Marzo 2022 –
Roma – Prende forma il quadro normativo necessario per sostenere la complessa macchina dell’accoglienza dei profughi in fuga dal conflitto in Ucraina. Ieri il premier Mario Draghi ha firmato il Dpcm su protezione temporanea e assistenza, che recepisce la decisione del Consiglio Ue dello scorso 4 marzo. E nelle stesse ore il capo dipartimento della Protezione civile, Fabrizio Curcio, ha emanato un’ordinanza che dispone contributi economici per i rifugiati che troveranno una sistemazione abitativa autonoma. Finora, secondo i dati del Viminale, ammontano a 75.115 i rifugiati ucraini giunti in Italia: 38.735 donne, 7.158 uomini e 29.222 minori. Ormai gli ingressi si stanno assestando sul migliaio al giorno: ieri sono stati 1.217. Le destinazioni principali restano Milano, Roma, Napoli e Bologna. E la stragrande maggioranza delle persone risulta per ora ospitata da parenti o conoscenti, anche italiani. Nelle scuole italiane, sono già 7mila i bambini e ragazzi ucraini accolti, fa sapere il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, «e il loro numero cresce al ritmo di 180-200 al giorno». Il comitato parlamentare su Schengen ha chiesto alla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese di riferire stamani in audizione sulla gestione della macchina dell’accoglienza.
Il Dpcm firmato da Draghi fissa, a partire dal 4 marzo 2022, la decorrenza della protezione temporanea, con durata di un anno. I beneficiari sono le persone sfollate dall’Ucraina a partire dal 24 febbraio 2022, primo giorno dell’attacco russo: non solo i residenti nel Paese, ma anche cittadini di Paesi terzi che beneficiavano di protezione internazionale e i familiari. Il permesso di soggiorno viene rilasciato in Questura e vale un anno, ma può essere prorogato di sei mesi più altri sei, per un massimo di un anno. Cosa consente? L’accesso all’assistenza sanitaria, al mercato del lavoro e allo studio. Ma può essere revocato, anche prima della sua scadenza, se e quando il Consiglio Ue si trovi a decidere la cessazione della protezione temporanea. Il provvedimento consente ai cittadini ucraini già presenti in Italia il ricongiungimento con i propri familiari ancora presenti in Ucraina e prevede inoltre specifiche misure assistenziali.
Chi fa richiesta di protezione temporanea e trova una sistemazione autonoma (una stanza in affitto; un’abitazione) può ricevere «un contributo di sostentamento una tantum, pari a 300 euro mensili pro capite, per la durata massima di tre mesi decorrenti dalla data d’ingresso in Italia». Se ci sono minori, «in favore dell’adulto titolare della tutela legale o affidatario, è riconosciuto un contributo addizionale mensile di 150 euro per ciascun figlio di età inferiore ai 18 anni». Le due disposizioni sono contenute nell’ordinanza firmata dal capo della Protezione Civile Curcio. Chi beneficerà del contributo, si legge nell’atto, non potrà accedere «ad altre forme di assistenza alloggiativa», ma potrà avere i fondi «in un’unica soluzione e in forma cumulativa », anche per due o tre mensilità, qualora i tempi delle domande dovessero prolungarsi oltre i 90 giorni dall’ingresso in Italia. Chi verserà il contributo? Potrà essere erogato in contanti da qualsiasi istituto di credito nel Paese, qualora il beneficiario non abbia un conto corrente: basterà presentare in banca un documento d’identità valido, insieme alla ricevuta del permesso rilasciata dalla questura competente. «Ci sarà chiaramente un sistema di controlli sulla legittimità della richiesta », avverte Curcio. Invece «l’accoglienza diffusa riguarda i Comuni, gli enti del Terzo Settore» fino a un massimo «di 15mila posti». Una volta stabiliti criteri e tariffe massime pro capite al giorno, «passeremo alla valutazione di queste disponibilità e agli accordi attuativi», specifica Curcio.
Se il profugo dovesse trovare un lavoro, l’ordinanza dispone che «il beneficiario può continuare a fruire della misura» solo per «60 giorni». Infine, rispetto alle cure, i profughi ucraini vengono equiparati ai cittadini italiani: avranno un codice fiscale per accedere alle prestazioni sanitarie. E a ogni regione sarà riconosciuto un rimborso forfettario di 1.520 euro a profugo, per un massimo di 100mila persone. «Ci interfacciamo con le reti, ma può esserci la piccola associazione, il nucleo familiare o nuclei di famiglie che decidono di mettersi insieme a soggetti che lo Stato conosce perché sono nei registri del ministero del Lavoro, del Mise, delle prefetture», argomenta Wladimiro Boccali, membro del gabinetto del ministero del Lavoro, appellandosi al «grande senso di responsabilità del Terzo settore». (V. R. Spagnolo)