17 Marzo 2022 –
Nel cammino quaresimale questa è la domenica della conversione. Nel Vangelo, Gesù l’annuncia come una necessità e non come un rimprovero.
E vi ci arriva a partire da un atteggiamento di alcuni che gli presentano un sensazionale fatto di cronaca, dinanzi al quale cercano un colpevole, una causa: Pilato aveva ucciso alcuni Galilei che erano venuti a Gerusalemme per offrire sacrifici. Al sangue dei sacrifici ha aggiunto quello delle persone. Sensazionale per sensazionale, Gesù aggiunge la notizia di una calamità nella quale morirono 18 persone: il crollo della Torre di Siloe. E commenta: credete che quelle vittime, per il fatto che si possa trovare un colpevole o una causa, fossero più meritevoli di quella sorte, rispetto ad altri? “No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete allo stesso modo”.
Gesù gira la questione. L’uomo non è stato creato per rovinarsi la vita. Non è Dio l’architetto delle sventure. Né la storia gira attorno alle colpe dell’uno e dell’altro. Cercare nelle teorie colpevolizzanti o nelle leggi causa-effetto le ragioni della vita, e delle tragedie e delle sciagure, è solo una maniera per sfamare il sensazionalismo di cui si nutre la nostra vita e illudersi di quietare forme di razionalità che non spostano di una virgola i fatti e le sventure. Tanto è vero che si ripetono sempre e possono colpire chiunque. Sapere chi è stato, non serve a niente. È come quando una nave sta andando a sbattere: non serve contare i buoni e i cattivi che sono a bordo; serve cambiare rotta: convertirsi!
E convertirsi vuol dire innanzitutto farsi interrogare quello che sta capitando. Nella prima lettura a Mosè appare l’angelo di Dio in un roveto ardente che brucia ma non si consuma. Mosè è curioso dello spettacolo che ha dinanzi e vuole vederlo. Dio gli grida: non ti avvicinare. Togliti i sandali. Il luogo dove sei è sacro. Da quel roveto sarà Dio che gli dirà qualcosa; gli rivelerà le sofferenze del suo popolo e gli cambierà la vita inviando proprio lui ad alleviare quelle sofferenze.
Non ci si misura con le cose della vita come dei turisti; ma ci si mette dinanzi ai fatti con la domanda: cosa mi chiedono? Per noi oggi: questa guerra, i profughi (di quel fronte e non solo) cosa mi chiedono? Non si trascorre la vita per analizzarla ma per rispondere agli appelli con cui mi parla. La vita non è un ‘cluedo’ esistenziale … per trovare il colpevole. Non è mai tardi per passare dalla sterilità di chi assiste e basta, al portare frutto, come aggiunge ancora Gesù nella parabola del fico sterile.
Il primo atteggiamento dinanzi al grido di Dio può essere quello della preghiera; ma la storia della Salvezza ci insegna che tutti coloro che si sono lasciati ‘coltivare’ da Dio, Dio li ha condotti all’azione. Quanti uomini e donne hanno cambiato la loro esistenza dinanzi a certe cose!
Se i fatti e le notizie non diventano un appello, resteremo ‘leoni da tastiera’ e opinionisti da salotto (ahinoi! anche nel dramma della guerra in corso). E, sì facendo, non cambieremo nulla né di noi, né della storia!
Ma la Pasqua non si arrende ed è ancora lì che sospinge la storia. (p. Gaetano Saracino)