24 Gennaio 2022 – Città del Vaticano – Ieri terzo anno per volere di Papa Francesco, dedicata alla Parola di Dio. Parola che svela il vero volto di Dio e nello stesso tempo ci porta all’uomo. Perché “la sacra Scrittura non ci è stata data per intrattenerci, per coccolarci in una spiritualità angelica, ma per uscire incontro agli altri e accostarci alle loro ferite”.
C’è un “oggi” che deve alimentare la nostra presenza in mezzo alle donne e agli uomini del nostro tempo. I testi della liturgia domenicale ci propongono in Neemia – uno scritto di 450 anni prima di Cristo – una descrizione dell’ascolto della Parola, e la benedizione finale che potremmo accostare alle nostre celebrazioni, quasi continuità in un “oggi” che la chiesa, con Luca, ci propone. Avevamo lasciato Gesù a Cana, il primo miracolo; lo troviamo a Nazareth, le sue origini, o meglio le origini della sua famiglia terrena. Rivolgendosi a Teofilo – in greco amico di Dio – l’evangelista spiega che la sua narrazione è vera, racconta fatti normali, azioni che potremmo racchiudere nell’espressione “come al solito”: insegnava nelle Sinagoghe, Gesù, e il sabato, come al solito, era nel tempio a leggere le scritture. Gesti abituali, se vogliamo ripetitivi, ma la novità della prima predica è proprio nel passo di Isaia: “lo spirito del Signore Dio è su di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai poveri, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore”. Un programma niente male, quasi manifesto, diremmo noi oggi, di un possibile impegno di governo. Ma, come sappiamo, il regno che Gesù proclama non è di questa terra, né come gli uomini lo vorrebbero. Ma torniamo a Luca. Riavvolto il rotolo, gli sguardi dei fedeli sono su Gesù; un silenzio carico di tensione rotto da queste parole: “oggi si è compiuta questa scrittura che voi avete ascoltato”.
Oggi. La Bibbia, anche oggi, svela a noi chi è davvero Dio, afferma Francesco nell’omelia nella basilica di San Pietro, celebrazione durante la quale ha conferito, per la prima volta, i ministeri di lettori e catechisti a 16 laici, tra cui due donne una pakistana e una coreana. La Bibbia ci dice che Dio “non è un padrone arroccato nei cieli, ma un Padre che segue i nostri passi. Non è un freddo osservatore distaccato e impassibile, un Dio ‘matematico’. È il Dio-con-noi, che si appassiona alla nostra vita e si coinvolge fino a piangere le nostre lacrime”. La sua Parola parla anche oggi a chi sa ascoltare “per riaccendere la speranza dentro le ceneri delle tue paure, per farti ritrovare la gioia nei labirinti delle tue tristezze, per riempire di speranza l’amarezza delle solitudini”. È una parola che nutre e rinnova la fede perché “abbatte i falsi idoli, smaschera le nostre proiezioni, distrugge le rappresentazioni troppo umane di Dio e ci riporta al suo volto vero, alla sua misericordia”.
Gesù ancora una volta pone al centro della sua vita e delle relazioni la Parola di Dio, e ciò che “riempie di senso con la potenza dello Spirito è l’oggi”. Così il Papa, all’Angelus, riflette sulle “nostre prediche e i nostri insegnamenti” che “rimangono generici, astratti, non toccano l’anima e la vita della gente”, perché mancano della forza dell’oggi di Gesù. “Oggi ti sta parlando. Sì, a volte si ascoltano conferenze impeccabili, discorsi ben costruiti, che però non smuovono il cuore e così tutto resta come prima. Anche tante omelie – lo dico con rispetto ma con dolore – sono astratte, e invece di svegliare l’anima l’addormentano”.
Se manca l’oggi di Gesù, afferma il vescovo di Roma, la predicazione “scade nel moralismo o in concetti astratti; presenta il Vangelo con distacco, come se fosse fuori dal tempo, lontano dalla realtà. Questa non è la strada. Ma una parola in cui non pulsa la forza dell’oggi non è degna di Gesù e non aiuta la vita della gente”.
Gesù a Nazareth afferma che “è inviato per andare incontro ai poveri”. E i poveri di oggi sono i migranti che muoiono in mare “perché non li lasciamo sbarcare. E questo alcuni lo fanno in nome di Dio”. Sono, ancora, le donne e gli uomini che in Ucraina vivono il rischio di un conflitto che “mette in discussione la sicurezza in Europa e nel mondo”. Per questo Francesco invita a celebrare, il 26 gennaio, una giornata di preghiera per la pace. (Fabio Zavattaro – Sir)