2 Dicembre 2021 – Come vi ricorderete la volta scorsa abbiamo affrontato il libro dei Proverbi in uno dei suoi primi capitoli, in cui un padre raccomandava al figlio il valore della fedeltà coniugale. È significativo che nell’ultimo libro di questo “manuale di vita”, l’autore torni ancora sulla figura di quella che alcuni esegeti chiamano la “donna forte”. In Proverbi 31, 10-31 è descritta, attraverso la tecnica dell’acrostico, cioè con ogni frase che inizia con una delle ventidue lettere dell’alfabeto ebraico, una donna che potremmo dire pressoché perfetta agli occhi di chi scrive. Una parte delle virtù di lei descritte sono quelle manuali (31,13-20), una parte quelle della cura per la casa e la famiglia (31, 21-27), alla fine torna la relazione con i figli e il marito (31, 28-31). Chi può trovare una donna così, si chiede il testo? Vale più di ogni tesoro, sa fare di tutto, non ti trascura in nulla, amministra la casa con saggezza… Presto fa capolino una critica di derivazione femminista, al di là della consueta contestualizzazione che sempre dobbiamo applicare, non sarà che questa donna “ideale” è il prototipo della moglie tuttofare che tanto fa comodo ai mariti anche di oggi e che, però valorizza assai poco il suo potenziale e poliedrico talento, in un contesto in cui ormai si è raggiunta (o così si dovrebbe) la sacrosanta parità di genere? Ebbene, riguardo a ciò è forse necessaria una lettura che vada più in profondità e che sappia trarre dalla Scrittura – come sempre avviene . uno dono anche per l’oggi. La donna descritta dai Proverbi rasenta sì una sorta di perfezione (tanto che una lettura rabbinica la associa alla sapienza stessa e una cristiana alla Chiesa), ma è il suo un insieme di virtù che trova il fondamento in una saggia capacità di accogliere e custodire tutto quello che riguarda la sua famiglia. Niente di più lontano, quindi, da un ruolo subalterno rispetto al marito, ma anzi, una sorta di ispiratrice, rara a trovarsi, ma che quando si incontra illumina la casa, come la lanterna che indica i passi da compiere. Non ci sarà più allora da sbuffare dentro di noi sentendo a Messa “stende la sua mano alla conocchia e le sue dita tengono il fuso”: non sono immagini come questa che ci devono ispirare, quanto piuttosto quella di una donna che non va a dormire finché gli altri non sono a letto o che si alza per prima, che non ha timore del passare del tempo sul suo viso perché si fida dell’amore di suo marito e confida che le sue doti vengano valorizzate sempre, dentro e fuori casa, nel suo lavoro, come ai fornelli o aiutando i ragazzi a fare i compiti. È una donna che insieme al suo coniuge sa istruire i propri figli riuscendo a dialogare con essi senza entrare in conflitto con il padre, senza scambi di ruoli, ma rispettando le caratteristiche e le responsabilità di ciascuno. Inutile dire che una donna così avrebbe bisogno di avere al fianco un marito che sia alla sua altezza e – sono forse di parte – ma la sensazione diffusa è che mariti e padri siano un po’ più latitanti in questa nostra generazione… Se da un lato hanno imparato a cambiare pannolini e a dare biberon (ed era tempo che avvenisse!), ancora vi sono passi da compiere perché la loro presenza in famiglia assuma il ruolo che le compete, ovvero quello di guida sicura, di protezione, di ascolto. Gli uomini del ventunesimo secolo hanno da imparare dalle loro mogli quello che con una parola inglese chiamiamo multitasking: riuscire a fare più cose, a passare da un ruolo ad un altro con maggiore scioltezza. Lavorare e poi arrivati a casa saper fare il marito e il padre lasciando il pensiero del lavoro in ufficio; oppure vivere il volontariato o uno sport o un hobby e però non dimenticare che il centro della propria vocazione resta sempre la propria famiglia. Proprio quella dove, spesso, al centro ardono, come una lanterna che mai si spegne, il cuore e l’intelligenza della “donna forte”. (Giovanni M. Capetta)