15 Luglio 2021 – Lo sguardo di Gesù coglie la stanchezza dei suoi: “venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’”. Non si ferma a misurare i risultati ottenuti nella missione appena conclusa. Per lui prima di tutto viene la persona, la salute profonda del cuore, la radice del vero benessere.
Più di ciò che fanno, a lui interessa ciò che sono: come prima cosa non chiede ai dodici di pregare, di preparare nuove missioni o affinarne il metodo, ma li conduce a prendersi un po’ di tempo tutto per loro, del tempo per vivere. È il gesto di uno che vuole loro bene e li vuole felici.
Il Vangelo prosegue dicendo che “sceso dalla barca vide una grande folla, ebbe compassione di loro perché erano come pecore che non hanno pastore”. Gesù si coinvolge anche con loro e, per questo, è preso fra due compassioni in apparente in conflitto: la stanchezza degli amici e lo smarrimento della folla.
Gesù cambia i suoi programmi, ma non quelli dei suoi amici: “si mise a insegnare loro molte cose”. Rinuncia al suo riposo, non al loro. Dio non fa altro che considerare, eternamente, ogni suo figlio più importante di sé stesso.
Stare con Gesù e guardarlo agire ci offre il primo insegnamento: come guardare, prima ancora di come agire. Prima ancora delle parole insegna uno sguardo che abbraccia; le parole che seguono, saranno appropriate e sapranno di salvezza solo se saranno mosse da uno sguardo di compassione e tenerezza.
Se ancora c’è sulla terra chi ha l’arte divina della compassione, chi si commuove per l’ultimo uomo, allora questa terra avrà un futuro. Quello sguardo è la forma della speranza di restare umani, dell’arresto di una sorta di emorragia di umanità e del dominio sulle passioni tristi. (p. Gaetano Saracino)