L’Italia del calcio vince per tutti: la gioia degli emigrati italiani

13 Luglio 2021 – Roma – L’indomani della vittoria agli Europei, mentre i giornali inglesi cercano di edulcorare la sconfitta dei loro calciatori, l’altra stampa europea elogia gli Azzurri.

In Francia Le Parisien scrive “L’Italia un sacre au bout de la nuit” (un’incoronazione alla fine della notte), mentre Liberation è più sintetica ma esplicita: “La renaissance italienne”, ancor più laconico ma altamente elogiativo titola il quotidiano sportivo L’Equipe: “Invincibles”.

Bella la definizione che troviamo sul madrileno El Mundo: “El Renaciemento se cumple en Wembley” (la rinascita si compie a Wembley); “Eterna Italia” è per l’altro spagnolo Marca.

L’Essentiel, diffusissimo quotidiano lussemburghese, osanna in prima pagina gli Azzurri con “Les Italiens célèbrent leur trionphe” e nelle pagine titola “L’Italie sur le toit de l’Europe”.

Un’ampia vetrina che, mentre esalta il risultato conseguito dai calciatori in campo, manda in euforia le numerose comunità dei nostri connazionali che vivono all’estero.

La nostra Nazionale, mentre continua a portare emozioni a tutti noi, ha per loro un significato particolare.

Recentissimo quanto avvenuto il 6 luglio a Wembley; in campo si confrontano Italia e Spagna per la semifinale degli Europei. All’80° il telecronista RAI ci informa che la squadra italiana sta giocando sostenuta dall’appassionato tifo di “quasi 10.000 connazionali, tutti residenti nel Regno Unito”, ormai sembra che usare il termine emigranti sia umiliante, ma non è così, è un simbolo di riscatto sociale. Sia per quella gara che, ancor più per la partita finale contro l’Inghilterra, hanno sostenuto l’onerosa spesa del biglietto d’ingresso allo stadio per essere vicini ai loro beniamini che li hanno ripagati con la vittoria e un grande e riconoscente affettuoso abbraccio.

Ma l’attenzione non è solo per i nostri celebrati professionisti del pallone.

Trentacinque anni fa, esattamente il 1° novembre 1986 a Basilea è di scena Svizzera-Italia e, sebbene disputata dalle nazionali femminili, le tribune sono affollate da migliaia di nostri connazionali; le Azzurre di Ettore Reccagni che li ripagheranno vincendo 1-2 con reti di Betty Vignotto al 25° al 48°.

Una dimostrazione di grande partecipazione che non manca mai quando la nostra Nazionale gioca all’estero.  Ma non solo.

Pochi mesi dopo il Milan femminile è invitato in Bulgaria. Dovrà disputare due partite: nell’importante stadio Vasil Levsky di Sofia, e a Troyan, nella provincia di Lovech. In entrambe le occasioni, accanto agli spettatori bulgari, ci sono decine di italiani che sventolano il nostro Tricolore: non fanno parte della delegazione rossonera, sono in quel Paese per lavorare.

Sarebbe altamente riduttivo definirla solo curiosità; è affetto per tutto quanto è espressione della nostra nazione, un richiamo che solo chi risiede all’estero, dove tutto è straniero dal momento in cui esci di casa, può comprendere.

Possono esserlo personaggi che la cronaca porta alla celebrità, alla fama, ma nulla più dello Sport e dei nostri calciatori in particolare può infiammare e coinvolgere le nostre comunità di residenti all’estero.

Basta sfogliare le pagine di Storia della nostra emigrazione per cogliere e comprendere quanto sia stato importante mantenere in loro il senso di appartenenza alla nazione d’origine. Lo Sport, nello specifico il Calcio, è stato veicolo di aggregazione della nostra identità.  Dai Fasci all’estero, istituiti nel luglio 1923 per tutelare i diritti dei nostri concittadini nelle nazioni ospitanti, fino a libere forme di associazione, gli Italiani hanno promosso iniziative per dare risalto all’Italianità.

Fra queste pensiamo solo al Brasile dove ben 7 società calcistiche furono fondate da italiani: Sport Club Savoia (la prima), l’Emigrante Fùtbol Club, Cruzeiro, Ruggerone Foot-Ball Club, Clube Atletico Juventus, Napoli Esporte Club, il Galo Maringà e il Palmeiras, uno dei più titolati club brasiliani, che nacque nel 1914 a Sao Paolo col nome di Palestra Italia

Notevole anche il Venezuela dove 5 società vennero fondate da italiani; indipendentemente dalla longevità dei singoli club meritano di essere citate tutte: Deportivo Italiano, Deportivo San Cristobal, Atletico Turén, Centro Italo Futbol e Fiorentina Margarita.

La famosa società argentina Atlético Boca Juniors fu fondata nel 1905 da un gruppo di genovesi. Altrettanto famoso l’uruguaiano Club Atletico Peñarol, inizialmente di matrice britannica, fu rifondato da un gruppo di italiani nel 1914.

In Cile l’Audax Club Sportivo Italiano del 1922.

A Nizza, un secolo fa, nacque una squadra di calcio tutta italiana, la Pro Patria (presidente Virgilio Pellas).

Lo sport del pallone ebbe quindi il lodevole scopo di aggregare gli italiani, protagonisti di quella diaspora chiamata emigrazione che per mezzo secolo ha impoverito i nostri paesi, soprattutto i centri rurali. Da queste terre sono partite centinaia di migliaia di donne e uomini che, seppur dediti anche a lavori modesti, umili e comunque molto faticosi, hanno sempre dimostrato quella nostra identità che ci accomuna dalle Alpi alla Sicilia. E non c’è distinzione fra loro quando si riuniscono per sostenere la nostra Nazionale.

È a lei, alle sue gesta, alle sue vittorie che si deputano, si affidano quei sogni di riscossa sociale che la condizione lavorativa forzosamente impone la vita di molti di loro.

Se il televisore, ormai presente in tutte le case, ha sostituito quello che nei circoli e nei bar richiamava i nostri emigranti, ci sono ora i maxi schermi nelle piazze o le tribune degli stadi per accomunarli nella passione.

Sono proprio loro che, indossando la maglia azzurra o sventolando il Tricolore, assiepano le tribune degli stadi per accogliere e sostenere i nostri giocatori, la Nazionale.

Un esempio fra tutti è la vicina Confederazione Elvetica dove ci chiamavano spaghettisfréisser und wëlle bären (mangiaspaghetti e orsi selvatici) mentre sui muri delle case si leggeva “Vietato ai cani e agli italiani”. I nostri riponevano una speranza di riscatto nelle imprese degli Azzurri contro la Svizzera, il poter tornare l’indomani in fabbrica o nel cantiere a testa alta. Purtroppo gli esiti furono avvilenti: pareggio 1-1 il 25 novembre 1951 a Lugano e due sconfitte nel giugno 1954, il 17 a Losanna e il 26 a Basilea. L’ultima delusione ce la diede la Nazionale di Arrigo Sacchi 1° maggio 1993 a Berna dove si perse 1-0 nella qualificazione ai Mondiali. Amarezza per i nostri tifosi perché gli Azzurri arrivavano dalle vittorie su Malta, Messico, Portogallo e Estonia.

Erano confronti calcistici molto sentiti, ma il tempo è stato benevolo e oggi, sebbene il clima resti quello di un derby, si torna poi ad essere amici in letizia. Mi dicono che per la finale degli Europei l’80 % degli Svizzeri ha tifato Italia.

Magari vediamo di tifare anche per questi Italiani la cui “partita” dura, da sempre, più di 90 minuti. (di Gianmaria Italia)

 

 

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