22 Giugno 2021 – Con questa nota l’intenzione è quella di compiere un nuovo viaggio fra i rapporti di famiglia all’interno della Bibbia. Il grande codice biblico, infatti, è in qualche modo leggibile come il racconto di una relazione infinita fra Dio e il suo popolo e delle relazioni reciproche dei protagonisti della storia della salvezza. L’auspicio, quindi, sarebbe quello di riuscire a leggere le pagine bibliche come delle fonti, degli archetipi dei rapporti che da sempre si instaurano fra gli uomini e le donne, che da sempre hanno formato famiglie, dai tempi di Adamo fino ai nostri giorni. Nessuna pretesa di esegesi scientifica o per addetti ai lavori, ma piuttosto una lettura attualizzante che ci aiuti a sentirci parte di una grande catena umana, che – a differenza della teoria dei corsi e ricorsi storici – in realtà cammina verso una evoluzione che si concretizza nella quotidiana, silenziosa ma costante costruzione del Regno di Dio. In questa prospettiva come non porre al centro della nostra attenzione, in questo esordio, le figure di Adamo ed Eva, i progenitori del genere umano, gli iniziatori della storia umana, la prima famiglia secondo il disegno divino. È chiaro che il lettore non possa aspettarsi qui un trattato su un argomento di portata così rilevante come la creazione dell’uomo da parte del Dio biblico. Ogni grande religione ha il suo mito fondativo, ma nessuna è così centrata sull’atto creativo del primo uomo come è descritto nel libro della Genesi. Non meraviglia che su tale argomento la tradizione religiosa prima ebraica e poi cristiana abbia speso le massime energie intellettuali e spirituali per decodificarne tutto il valore e il significato, Nei mesi scorsi su questa rubrica abbiamo potuto verificare come il magistero petrino, soprattutto quello storicamente recente di Giovanni Paolo II, abbia dedicato a questo tema una riflessione ponderosa sia in termini di profondità sia di estensione nel tempo e nell’occasioni. Ma a noi oggi cosa dicono le figure di Adamo ed Eva e la relazione fra loro? Credo che la prima grande conquista ermeneutica e spirituale che l’uomo religioso e non solo dei nostri tempi possa fare è la dimensione della reciprocità che nella Genesi maschio e femmina sono chiamati a vivere sotto gli occhi del loro Creatore. Non solo Eva è carne della carne di Adamo perché creata – secondo il racconto genesiaco – dalla costola dell’uomo e quindi i due sono della stessa sostanza, ma essi sono perfettamente complementari. Solo affiancando il volto femminile di Eva al volto maschile di Adamo si ricrea l’immagine di Dio. Dio, in questo senso e maschio è femmina – si ricordi come fece scalpore la dichiarazione di Giovanni Paolo I in merito – e la gloria dell’uomo vivente è fondata sulla duplicità dei sessi di cui l’umanità si compone. A mio avviso basta questa semplice eppure profonda consapevolezza per equilibrare quelle scuole di pensiero che, forse in modo eccessivo, enfatizzano, con un’espressione tratta dal titolo di un long seller americano, che “gli uomini vengono da Marte e le donne vengono da Venere. È vero, cioè, che i mondi maschili e femminili sono ancestralmente diversi e necessitano di una propensione a colmare la distanza che esiste fra loro da sempre e che sempre esisterà. Forme di pensiero, di desiderio, di linguaggio… tutto è diverso fra un uomo e una donna, eppure è necessario saper anche valorizzare quanto essi siano fatti davvero l’uno per l’altro, quanto l’amore sponsale sia nel progetto di Dio fin dal principio e sia probabilmente l’apice, il capolavoro della creazione. C’è da sfatare il mito dell’autosufficienza, della comodità della dimensione di single che oggi pare prendere piede e che vede diminuire in modo esponenziale non solo i matrimoni, ma anche le convivenze stabili rispetto ad una promiscuità diffusa e a quello che Bauman chiamerebbe “amore liquido”. Adamo ed Eva stanno lì a dirci che “non è bene che l’uomo sia solo” e allora il pensiero corre a quello che stiamo facendo come comunità civile ed ecclesiale nei confronti dei nostri giovani. Che attenzione è data all’educazione affettiva e sessuale? Quali messaggi vengono trasmessi? Si induce nei giovani quel germe di speranza che fa nascere il desiderio di incontrare l’altro in pienezza, il desiderio di fare famiglia? Non c’è solo bisogno di perpetuare la specie e vincere i dati nefasti dei demografi che parlano di crescita zero, c’è anche da dare senso alla vita. Fare unità, fra uomo e donna, generare vita, fisicamente e spiritualmente è il fondamento del nostro essere nel mondo, perché siamo nati per amare, saremo giudicati su questo e ogni relazione d’amore che non viene vissuta all’insegna della pazienza fedele e della volontà è un’occasione persa. A rischio di fantasia illecita, vorrei immaginare che Adamo ed Eva, anche dopo la caduta del peccato, la fatica del lavoro, il dolore del parto, siano rimasti uniti e nella vecchiaia dei loro giorni e siano morti, sazi di giorni, solcando senza saperlo la prima grande storia della umanità coniugata. (Giovanni M. Capetta – SIR)