Naufragi e morti: il dramma continuo

20 Giugno 2021 – Madrid – «Sono stati gli stessi abitanti a dare l’allarme e a lanciarsi in acqua per soccorrere i migranti. Nel buio della notte si sentivano le grida disperate di aiuto, i pianti dei bambini. Il gommone è andato a sbattere contro la scogliera e si è ribaltato, quando ormai erano a un passo dalla salvezza, a soli 600 metri dalla riva». Con gli altri volontari della Cruz Roja, il coordinatore José Antonio Rodriguez si è fatto in quattro, assieme a pescatori e residenti del piccolo porto di Órzola, a nord di Lanzarote, per strappare donne, bambini e uomini subsahariani alla morte in mare. È stato all’alba di venerdì, quando il dramma dell’immigrazione è tornato a mostrarsi in tutta la sua crudeltà alle Canarie. Il naufragio di un precario gommone sul quale erano stipate una cinquantina di persone, partite martedì dalla costa marocchina, per coprire in condizioni estreme i 270 km d’oceano, che le separavano dalla terra promessa. Fra le quattro vittime recuperate, un bambino e due donne, di cui una in gravidanza avanzata. A causa del maltempo, il minore di 10 anni è stato ritrovato soltanto nel primo pomeriggio di venerdì, quando i servizi di soccorso su moto acquatiche hanno avvistato il corpicino fra gli scogli. E si teme per altri ‘ desaparecidos’.

Manca all’appello una bambina di 5 anni la cui madre è riuscita a salvarsi con il fratellino di un anno. «È ricoverata sotto choc, assistita dagli psicologi, ma non è ancora stato possibile ricostruire la sua storia e identificare il paese e la famiglia d’origine», spiegano alla Cruz Roja. Sono fra i 41 sopravvissuti, di cui circa la metà donne e 7 minori, inclusi due bebè e due piccoli di 4 anni. Hanno raccontato di essersi imbarcati a Tan-an, al sud del Marocco, senza nemmeno i giubbotti salvagente. «Giovedì pomeriggio

ci hanno contattati telefonicamente dall’imbarcazione in difficoltà e abbiamo lanciato l’allarme per i soccorsi», racconta ad Avvenire Helena Maleno, della Ong Camminando Fronteras, per la protezione dei diritti delle persone migranti. «Si sentivano grida e c’era paura a bordo. Avevano problemi al motore, che funzionava a singhiozzo. Abbiamo allertato immediatamente la Guardia Civil e il Salvamento Marittimo, che hanno inviato un aereo per le ricerche. Dal gommone dicevano di aver avvistato terra, una collina, ma non sono riusciti a mandare la localizzazione. Poi, alle otto di sera abbiamo perduto i contatti telefonici ». Maleno ricorda che la zona di Lanzarote dove è avvenuto il naufragio è la stessa dove il 24 novembre scorso affondò un’altra ‘ patera’ carica di migranti, provocando la morte di 7 magrebini. Ricorda anche che la rotta occidentale verso le Canarie è la più battuta, dopo aver rilevato il drammatico testimone a Italia e Grecia sul corridoio centrale Mediterraneo. La più mortale al mondo per quanti fuggono da miseria, persecuzioni e conflitti in Africa e Medio Oriente, secondo l’ultimo rapporto della Commissione Spagnola di Aiuto al Rifugiato (Cear). Almeno 850 migranti hanno perso la vita l’anno scorso nel tentativo di raggiungere l’arcipelago canario: «Sono il 60% del totale dei rifugiati, 1.417, annegati tentando di sbarcare sulle coste europee», assicurano alla Ong. Le forti correnti e le enormi distanze da coprire dal continente africano – dal sud del Sahara occidentale, dalla Mauritania o dal Senegal – fino alle isole, la convertono nell’itinerario più duro e rischioso. Prova ne è che la percentuale di annegati sul totale degli sbarchi alle Canarie è quattro volte superiore a quella delle rotte marittime centrale e orientale verso l’Europa. Il 30 aprile scorso su una barca persa nell’oceano a 570 km dalle Canarie, furono recuperati 3 sopravvissuti su una distesa di cadaveri, in mare da 22 giorni. La crisi pandemica, la chiusura delle frontiere, gli accordi di collaborazione con i paesi magrebini e i maggiori controlli hanno ridotto nel 2020 del 23% gli arrivi da Libia, Tunisia o Algeria lungo il Mediterraneo centrale. Il ’tappo’ del Maghreb, spiegano alla Cear, ha avuto come effetto immediato quello di spostare le migrazioni verso zone meno blindate, come le coste saharawi o mauritane. Il risultato è stato un aumento in Spagna del 54% degli sbarchi irregolari, con circa 40mila rifugiati, pari al 42% del totale nel continente europeo. Epicentro della crisi umanitaria, le Canarie hanno ricevuto oltre la metà – 23mila – dei migrati sbarcati sulle coste iberiche. Ma giocarsi la vita in mare non equivale a un biglietto per il paradiso: l’asilo o lo status di rifugiato è stato negato in Spagna l’anno scorso a 68.435 persone, stando al rapporto Cear. Che tuttavia riconosce lo sforzo fatto dalle autorità per raddoppiare le richieste accolte rispetto a quelle nel 2019. Ma il rubinetto resta chiuso, se solo 1 domanda su 20 di quelle presentate è stata accolta. (Paola Del Vecchio – Avvenire)

 

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