16 Giugno 2021 – Roma – In questi giorni dodici barche a vela sono giunte nel porto di Genova provenienti dal nord della Francia dopo aver gareggiato nel mar Baltico. Sono le prime vele europee che si preparano al “The Ocean Race” (La corsa oceanica) che avrà inizio nell’autunno del 2022 per concludersi nel giugno 2023.
Una gara assai impegnativa che correrà sulle onde nel fruscio delle vele e nel soffio del vento.
Potrebbe sembrare fuori luogo guardare attraverso un evento così lontano dagli sport ordinari la storia che l’uomo e il mondo stanno vivendo.
C’è però un messaggio che potrebbe essere colto anche se non si conosce o si pratica questa disciplina.
Innanzitutto ci sono la determinazione e il coraggio nell’affrontare un mare in burrasca governando le vele perché non subiscano ma sfruttino la forza del vento.
In questa immagine si coglie il cammino dell’uomo di fronte al male, agli ostacoli, alla mancanza di riferimenti sicuri. Un cammino che si è aperto non solo con la pandemia perché molti altri sono le ferite del pianeta e il cuore dell’uomo è ogni giorno messo alla prova da piccoli e grandi egoismi, da piccole e grandi offese che puntualmente la cronaca registra.
Un giornale, cartaceo o elettronico, è come un mare in burrasca, le pagine appaiono come onde violente e a volte non bastano quelle distese per riprendere fiducia.
Si avverte sempre più frequente l’esigenza di un riferimento per continuare la navigazione verso un porto sicuro. Si comprende quanto sia forte a angosciante questa esigenza in coloro che attraversano il mare nella notte con la speranza di incontrare l’alba.
La dodici barche a vela accolte nel porto di Genova al termine del “The Ocean Race Europe” possono essere dunque uno splendido evento sportivo per pochi addetti ma possono anche far nascere pensieri nuovi sul futuro dell’umanità e del pianeta.
A partire dall’ascolto del silenzio mentre si naviga quale esperienza che intreccia il valore di una competizione sportiva con il valore della vita dell’uomo.
Le vele e il vento sono i simboli di una postura intellettuale che nella complessità e nell’incertezza consente di scoprire e vivere l’alleanza tra la fragilità e la forza nel costruire il bene comune.
Anche le barche a vela ricordano che il mare è una grande scuola di umanità per i velisti come per quei pescatori che nei giorni scorsi a Lampedusa si sono buttati in acqua per soccorrere alcune persone in pericolo durante il trasbordo dal barcone che li stava trasportando dall’Africa.
La barca a vela può stare accanto al relitto del barcone naufragato il 18 aprile 2015 che, ha ricordato Papa Francesco, è stato accolto domenica 13 giugno nel porticciolo di Augusta. (Paolo Bustaffa)