La morte di Musa, dimenticato

25 Maggio 2021 – Torino – Era in attesa di essere rimpatriato, Musa Baide, 23 anni, originario della Guinea. Ma non ce l’ha fatta, non riusciva a superare lo stato di choc determinato dopo quel terribile pestaggio, a Ventimiglia, due settimane fa. Si è tolto la vita domenica notte nel Cpr di Torino. Si trovava in isolamento per motivi sanitari e si è impiccato usando le lenzuola in dotazione nella sua camera. Musa non si era più ripreso da quella terribile aggressione subita a Ventimiglia lo scorso 9 maggio. Le immagini erano rimbalzate sui social: tre italiani che lo prendevano a bastonate. Per quei cazzotti in testa e in faccia, per quei calci all’addome inflitti quando il ragazzo era già a terra sono stati denunciati a piede libero per rispondere del reato di lesioni aggravate. Il ragazzo, che era irregolare sul territorio nazionale e che era già stato espulso dall’Italia, avrebbe tentato di rubare il telefono cellulare a uno dei tre all’interno di un supermercato. Musa Baide era stato portato in ospedale a Bordighera e dimesso con prognosi di 10 giorni per lesioni e trauma facciale: si sarebbe dovuto nuovamente procedere all’espulsione, ma il suo gesto ha posto fine alla sua difficile vita. La procura di Torino ha avviato degli accertamenti sul caso. «È un segno molto doloroso. Ho deciso di fare una preghiera particolare per questo fratello. La faremo con la Comunità di Sant’Egidio lunedì prossimo. Vogliamo suscitare in tutta la città una presa di coscienza dell’impegno che serve per far sì che queste persone si trovino nella condizione di non arrivare a questo punto. Se ci arrivano vuol dire che sono veramente disperate, è evidente. Dobbiamo dare loro la possibilità di sentirsi accolte e sostenute» ha dichiarato l’arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia. «Una vicenda triste e grave – commenta Maurizio Marmo, Caritas Intermelia – capiremo nei prossimi giorni se ha avuto cure e assistenza adeguate». Perché per il garante dei detenuti, Mauro Palma, il giovane non è stato seguito in modo corretto. «Una persona affidata alla responsabilità pubblica – dice Palma – deve essere presa in carico e trattenuta nei modi che tengano conto della sua specifica situazione, dell’eventuale vulnerabilità e della sua fragilità. Questo non è avvenuto». Per Gianfranco Schiavone di Asgi (Associazione studi giuridici sull’immigrazione) questa vicenda tiene in sé “tre questioni gravissime”: «Innanzitutto vorremmo sapere per quale motivo a questa persona non è stato dato un permesso di soggiorno per rimanere in Italia in quanto vittima di violenza – sottolinea –. Non solo, tenuto conto del paese di provenienza, il suo rimpatrio era a rischio. E, dunque, non capiamo perché la prefettura di Imperia abbia emanato un permesso di espulsione in violazione dell’articolo 19 del Testo Unico». «La cosa più grave – conclude Schiavone – è che lì proprio non doveva stare». (D. Fas. – Avvenire)

 

 

Temi: