25 Febbraio 2021 – Dopo il deserto, una montagna.
Abramo (prima lettura) su un monte scopre che il suo Dio non è come la divinità dei Cananei: un Dio che, in cambio del possesso delle proprie cose e della propria vita, chiede qualcosa, fosse anche la vita dei figli. Il suo è un Dio che dà: un figlio avuto in vecchiaia ed una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia del mare.
Ma il dono pieno completo, per sempre e per tutti, Dio lo fa in Gesù, Figlio donato per la vita del mondo. Nella Trasfigurazione, su un’altra montagna, tre discepoli lo vedono non solo come uomo, maestro, amico ma lo vedono per come lo vede Dio: non solo vero uomo ma anche vero Dio. Questa è la Trasfigurazione: Gesù visto fino in fondo, per come è compiutamente.
Non è diverso da prima (trasformato) ma compiuto, completo rispetto a prima (trasfigurato). Questo è il dono di Dio offerto agli apostoli sul Figlio e sul reale: l’invisibile. L’invisibile è lo sguardo di Dio.
L’incontro avviene su un monte perché è solo da lì che può esserci un’altra prospettiva. Noi le cose della vita le possiamo guardare o dalla pianura o dal monte. O con i nostri occhi: allora Dio è quello che ci serve per i nostri mille problemi. O con quelli di Dio: allora Cristo è luce e è di uno splendore tale che nessun lavandaio sulla terra potrebbe riprodurre.
Appaiono Elia e Mosè: la legge e i profeti. Conversano con Gesù. Significa che parlano di Gesù. Queste cose si sapevano, e si sanno, ma fino a quando non è lo sguardo di Dio ad illuminarle e penetrarle, esse non si comprendono.
‘È bello per noi essere qui!’ esclama Pietro. Non è una conseguenza logica ma è l’espressione di un appagamento, una pienezza di senso come a dire: ‘qui, sono dove devo stare e dove non potrei stare meglio!’
Migriamo anche noi su una qualche altura perché Dio possa accendere uno sguardo penetrante e farci comprendere in pienezza chi è Lui, cos’è la vita del mondo; ma anche chi sono io. E cosa voglio (non sarebbe male!) (p. Gaetano SARACINO)