11 Febbraio 2021 – La sinagoga, la casa di Pietro, la strada: Gesù – Parola che salva, passa ovunque si fa la vita. E si lascia raggiungere dalla vita che è quella che è, ovunque.
Questa domenica ai suoi piedi, in ginocchio, un lebbroso con la bocca velata e il volto nascosto implora: “Se vuoi, puoi guarirmi”. È implicito l’interrogativo che gli viene rivolto a nome di tutti i figli dolenti della terra: che cosa vuole veramente Dio da questa carne piagata, che se ne fa di queste lacrime? Vuole sacrifici o figli guariti?
E Gesù, toccato da questa domanda grande e sommessa, è costretto a rivelarsi. Davanti al contagioso, all’impuro, ad un cadavere che cammina e che non si deve toccare, uno scarto buttato fuori, prova ‘compassione’. Il Vangelo usa un termine di una carica infinita, che indica un crampo nel ventre, un morso nelle viscere, una ribellione, un impeto che sembra dire: ‘adesso, basta!’
Gesù allunga la mano e tocca. Nel Vangelo ogni volta che Gesù si commuove, tocca. Dio non guarisce con decreti, ma con mano. La risposta di Gesù al ‘se vuoi’ del lebbroso, è diretta e semplice, una parola ultima e immensa che scaturisce dal cuore di Dio: “lo voglio: guarisci!”.
Come in ogni guarigione, anche in questa c’è l’atto ri-creativo di Dio che separa la malattia dal malato; ma c’è anche lo sdegno totale dinanzi alla paura collettiva che si è materializzata in leggi e decreti (prima lettura), inaccettabili giustificazioni ai processi di emarginazione.
Per questo il Vangelo annota che lo mandò via, con tono severo, ordinandogli di non dire niente. La volontà di Dio non è indugiare sui limiti del puro e dell’impuro ma recuperare gli esclusi. Quelle regole, tese a rassicurare le coscienze dei fortunati o dei presunti meritevoli, vanno debellate. L’ovvio non ha bisogno di essere spiegato.
Il Regno di Dio è presenza che sana, è Parola non sprecata che ricrea ed esige un vero e proprio ‘contagio’ con i lebbrosi di ogni tempo. (p. Gaetano Saracino)