Rom e Sinti: prima indagine nazionale sulla condizione giuridica dei rom originari dell’ex Jugoslavia

29 Gennaio 2021 – Roma – Con la dissoluzione dell’ex Jugoslavia, iniziata con la morte di Tito nel 1980 e la guerra civile che ne è scaturita, migliaia di cittadini sono scappati dal loro Paese di origine per trovare riparo nelle periferie delle metropoli italiane. Si stima che negli anni Ottanta e Novanta siano stati almeno 40mila i cittadini di origine rom in fuga dal conflitto balcanico e stanziatisi inizialmente all’interno di tende o di roulotte prima che venissero costruiti i cosiddetti campi rom dove concentrare persone considerate erroneamente di cultura “nomade”. Negli ultimi 30 anni la condizione giuridica di molti di loro “non è mai stata sanata. La cancellazione anagrafica disposta dal Paese di provenienza e l’impossibilità ad ottenere un permesso di soggiorno italiano li ha fatti piombare in una sorta di limbo giuridico che si è tradotto per molti in una condizione di apolidia de facto senza alcun tipo di riconoscimento. Persone senza diritti perché inesistenti per lo Stato italiano e le amministrazioni locali”, denuncia oggi l’Associazione 21 Luglio che ha voluto “indagare sull’entità del fenomeno” e pubblicato la ricerca “Fantasmi urbani”, diffusa oggi, sulla presenza, in Italia, dei cittadini di origine jugoslava a rischio apolidia. Uno studio – spiega l’associazione – i cui risultati “marcano una forte differenza rispetto ai dati di riferimento assunti anche dal Governo italiano. L’indagine è partita da un ampio campione rappresentato dal 36,5% del totale di cittadini dell’ex Jugoslavia presenti nei “’campi rom’ italiani”. Per raccogliere i dati sono state incontrate 2.666 persone e visitati 17 insediamenti in 8 Comuni italiani. Alla luce dei risultati emersi, le persone originarie dell’ex Jugoslavia a rischio apolidia, perché prive di passaporto e di permesso di soggiorno, residenti nei “campi rom” italiani sono circa 860, un numero “ben lontano dalla forbice sino ad ora stimata di 15.000/25.000 unità. Di essi poco meno di 500 dovrebbero essere rappresentati da minori”. Secondo Associazione 21 luglio un numero “così esiguo, assai lontano dalle cifre passate non fondate su basi scientifiche, ridimensiona il fenomeno e soprattutto consente finalmente l’attivazione di politiche mirate a singoli contesti e specifiche situazioni locali”. (R.I.)

 

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