8 Ottobre 2020 –
Roma – Questa mattina, Giovedì 8 ottobre, mons. Stefano Russo, Segretario generale della CEI, è intervenuto alla presentazione del Rapporto Immigrazione redatto da Caritas Italiana e Fondazione Migrantes dal titolo “Conoscere per comprendere”.
Ecco il testo del suo saluto.
Buongiorno a tutti!
Senatore Di Piazza,
carissimi amici di Caritas e Fondazione Migrantes,
accogliamo con grande attenzione, che si rinnova di anno in anno – ormai siamo al 29° -, la pubblicazione del Rapporto Immigrazione, curato da due organismi della Chiesa italiana (Caritas e Fondazione Migrantes). Il volume di quest’anno concentra le riflessioni attorno al tema Conoscere per comprendere, una delle sei coppie di verbi proposte dal Santo Padre nel suo messaggio per la 106a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, celebrata pochi giorni fa.Si tratta di un impegno reso ancora più necessario dalla complessa congiuntura che stiamo vivendo, determinata dalla pandemia, che ha posto nuove difficoltà, aggravato tante problematiche già esistenti e ulteriormente indebolito le già precarie condizioni economiche e relazionali della società. In questo senso si stanno recependo le ultime modifiche normative che stanno portando una serie di previsioni in discontinuità con il recente passato. Queste sono una prima risposta alle situazioni di crisi registrate nel tempo. La pandemia ha precarizzato ancora di più la condizione di tanti migranti e di tanti italiani. Pertanto, oggi più che mai sono necessarie risposte immediate che mettano al centro l’umanità che ci unisce.
Le incessanti statistiche che si sono susseguite negli ultimi mesi hanno reso evidente come nessuno possa essere considerato semplicemente un numero – lo abbiamo più volte ribadito – ma una persona con una dignità, dei legami affettivi, una storia e uno sguardo al futuro che talvolta rischia di rimanere inespresso o addirittura d’interrompersi precocemente. Questo è vero anche per le persone migranti, che alla propria storia personale aggiungono l’esperienza del viaggio e della permanenza in territori estranei, per cambiare la propria vita e spesso quelle dei propri cari.
Il Rapporto Immigrazione ci aiuta a mettere a fuoco le coordinate fondamentali delle migrazioni, un fenomeno che attraversa pressoché il mondo intero e tutti gli ambiti del vivere sociale, e che papa Francesco, nell’enciclica firmata pochi giorni fa ad Assisi, Fratelli tutti, definisce «un elemento fondante del futuro del mondo» (n. 40).
Una caratteristica di questa pubblicazione è l’interconnessione esistente fra i diversi contributi che la compongono, che restituisce la complessità degli attuali fenomeni migratori. «Il numero sempre crescente di interconnessioni e di comunicazioni che avviluppano il nostro pianeta – scrive il Santo Padre nell’enciclica Fratelli tutti, al n. 96 – rende più palpabile la consapevolezza dell’unità e della condivisione di un comune destino tra le Nazioni della terra. Nei dinamismi della storia, pur nella diversità delle etnie, delle società e delle culture, vediamo seminata così la vocazione a formare una comunità composta da fratelli che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri». È un richiamo importante. Non sarebbe possibile, infatti, realizzare un’efficace accoglienza dei migranti – né, tantomeno, la loro protezione, promozione e integrazione – se si curassero solo gli aspetti economici o lavorativi, ignorando la dimensioni antropologiche, sociali e relazionali. Né, ancora, si darebbe una risposta adeguata – vale a dire integrale – ai bisogni di ogni persona se si ricercasse esclusivamente una soluzione ai problemi abitativi o alimentari, senza prestare un’eguale attenzione agli aspetti culturali e religiosi, che costituiscono dimensioni essenziali nella vita di ogni persona. Qualsiasi concezione di accoglienza che la concepisse soltanto come impegno materiale sarebbe una pericolosa riduzione.
Anche per questo, la visione fornita dal Rapporto Immigrazione si spinge a considerare l’intimo legame fra i diversi ambiti che caratterizzano la vita di ogni persona, senza i quali essa non potrebbe esprimere appieno il proprio essere e la propria personalità. Solo così, fra l’altro, si può realizzare quell’autentica integrazione della persona migrante nel nuovo contesto sociale, la quale può dirsi compiuta quando, da ospiti, coloro che sono stati accolti diventano soggetti partecipi e attivi, offrendo un contributo personale alla crescita del tessuto sociale, del quale ormai sono divenuti parte. Tale obiettivo rappresenta un’autentica sfida e una scommessa per l’Europa, per il nostro Paese e per i singoli territori che lo compongono, chiamati a vedere in coloro che chiedono ospitalità non un peso, bensì una ricchezza dal punto di vista umano, lavorativo, culturale e, non ultimo, spirituale.
Certo, «quando il prossimo è una persona migrante si aggiungono sfide complesse», come scrive con realismo il Santo Padre in Fratelli tutti (n. 129). È evidente, però, come uno sguardo interessato a conoscere l’altro, a incontrarlo, pur con tutte le difficoltà e gli ostacoli che questo implica, dia vita a una prospettiva che si colloca a grande distanza dall’opinione, diffusa a più livelli, che vede nel migrante solo un’insidia, e nell’opera di coloro che lo soccorrono un pericolo. Si tratta di sentimenti contrari alla vita cristiana, che nella fede ci spinge invece ad avere il coraggio di riconoscere in chi è bisognoso del nostro aiuto un fratello, e, nel più piccolo di essi, il Cristo stesso. La fragilità non caratterizza solo gli “altri”, ma ognuno di noi: ognuno di noi può essere quel “piccolo”. Raggiungere una simile consapevolezza è segno di speranza, poiché contribuisce allo sviluppo di una cultura più matura e meno portata ad essere sviata dai preconcetti, più aperta a quanto di buono può esserci nell’altro e meno incline a difendersi pregiudizialmente, più consapevole della necessità e delle opportunità dell’incontro, più disposta a fare autocritica e a condividere. Il Signore guidi i nostri passi in questo cammino di pace e di convivenza, che ci vede tutti fratelli e sorelle.
Un ringraziamento a Caritas e Fondazione Migrantes per la cura che, ogni anno, mettono in questa pubblicazione. Ripeto: non è una semplice raccolta dati, ma una narrazione di storie. Grazie!
Mons. Stefano Russo – Segretario generale della CEI