Che Francia sarebbe senza gli italiani?

22 Luglio 2020 –

Milano – Una ricognizione trae forza dal proprio nucleo tematico, e nel caso del libro di Alberto Toscano ( Gli italiani che hanno fatto la Francia. Da Leonardo a Pierre Cardin, Baldini + Castoldi, pagine 331, euro 19,00) il nucleo è la convinzione dell’autore circa la fecondità dello scambio tra italiani e francesi. Uscito prima in Francia nel 2019 e ora in Italia, è un libro utile a chi voglia conoscere i tratti di storia comune di questi due popoli “cugini”. Qui le tensioni e le polemiche che nel corso dei secoli hanno visto talvolta i due Paesi fronteggiarsi in senso ostile cedono il passo al racconto di una piuttosto armoniosa osmosi. Travaso, più che osmosi: perché nella sua ricognizione Toscano si sofferma sulla rotta di emigrazione dall’Italia verso il Paese transalpino. «La Francia non sarebbe la stessa senza i suoi immigrati. L’Italia non sarebbe la stessa senza la storia dei suoi figli che hanno dovuto andarsene».

La massiccia presenza italiana in Francia è considerata in senso ampio ed europeista. Giornalista e scrittore radicato oltralpe, nella sua ricognizione Toscano mescola passato e presente con disinvoltura talvolta un po’ eccessiva. Descrive l’ibrido vitale e incandescente di cui si compone non solo Parigi, anche l’intera Francia. Un Paese affollato di italiani, altrettanto che di usanze italiane più e meno palesi e dichiarate. Così ecco dapprima certi usi gastronomici vettori di “italianità” (dal gelato al tartufo d’Alba) seguiti da una lunga lista di personaggi cardine, simboli di eccellenza e non sempre omaggiati abbastanza. La vicenda di Leonardo Da Vinci e dei suoi errabondaggi in Francia; ma anche la storia delle maschere della Commedia dell’Arte – Arlecchino, Pulcinella, Scaramuccia –, il loro andare e tornare di qua e di là delle Alpi in una diaspora capace di lasciare «tracce fertili e profonde». Dietro Scaramuccia, in particolare, c’era Tiberio Fiorilli, napoletano poi divenuto amico di Molière. Toscano ricorda lo straordinario successo della Commedia dell’arte (George Sand scrisse che senza di essa Molière mai avrebbe potuto creare la Comédie française). Spaziando altrove, rievoca come anche la storia musicale sia un firmamento di astri italiani: Rossini, Giovanni Battista Lulli poi ribattezzato Lully, molto più tardi Dalida e il suo amore con Luigi Tenco, o “ l’italien”Serge Reggiani. Giù, giù, sino a ulteriori eccellenze e talenti rappresentativi di altre arti e discipline, De Nittis, Gino Bartali, Renzo Piano… Dove la ricognizione si svincola dal rischio della mera tassonomia per assumere un valore storiografico di maggior rilievo è nel racconto della storia politica e di quella dell’emigrazione. Importante e poco nota la vicenda della presenza italiana nella Resistenza francese (in primo piano la figura di Silvio Trentin, che acquistò a Tolosa una libreria, divenuta importante luogo di ritrovo di tanti esuli in fuga dalla repressione franchista). Sul versante dell’emigrazione, il dramma di Aigues-Mortes, località nel sud della Francia dove i lavoratori emigrati dall’Italia furono oggetto di intolleranza, accusati di «rubare il pane dei francesi» e di accettare condizioni salariali troppo sfavorevoli danneggiando così la manodopera locale. Prodromi di intolleranza e razzismo che ben conosciamo. Ne risulta l’affresco di un popolo migratore, quello italiano, eccezionale nel sapersi integrare lavorando, faticando e ancora faticando. E così contribuendo a “fare” un Paese – che vuol dire amarlo, abitarlo, averlo compreso e contribuire al suo prosperare. «I veri italiani che hanno “fatto la Francia” – scrive Toscano – sono quei milioni di donne e di uomini che hanno sempre pensato al lavoro. Perché lavoro fa rima con futuro». Parole amaramente contemporanee, messo a parte il rischio di una lieve retorica. (Lisa Ginzburg – Avvenire)

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