14 Luglio 2020 – Roma – “A giudicare dalle anticipazioni, se saremo tra i vivi la ripartenza sarà graduale e complessa. Dovremo abituarci a convivere ancora con le mascherine, ci misureremo spesso la temperatura, una app traccerà il livello e la geografia del contagio. Sarà una normalità diversa da quella di prima. Difficile dire se e quanto ci abitueremo. Molto dipende da come stiamo vivendo questo periodo, dallo stress accumulato, dal grado di umanità che abbiamo fatto emergere”. Siamo al 16 aprile, a metà del “tempo sospeso” del lockdown imposto dall’epidemia da Covid 19. Da qualche mese il periodo di confinamento è terminato anche se il contagio continua e l’invito è sempre quello dell’essere attenti.
Un tempo, quello del lockdown che il giornalista di “Avvenire”, Riccardo Maccioni, ha voluto raccontare, giorno per giorno in “Dalla strada arriva profumo di pane” edito da Ares. In quel 16 aprile Maccioni si fa una domanda che rimane ancora attuale: “quanta libertà siamo disposti a barattare in cambio della sicurezza, a quale livello massimo crediamo possa arrivare il controllo della nostra autonomia”. E la speranza che “l’adattamento cui siamo stati costretti dall’emergenza diventi scuola per la ritrovata quotidianità. Forse – scrive – un patto con noi stessi però possiamo farlo, possiamo decidere su cosa tenere gli occhi aperti per evitare di doverli chiudere domani davanti agli effetti del nostro disinteresse”.
Dopo averci, ogni giorno consegnato “pillole” di saggezza, racconti – dalla sua finestra di casa, al mattino presto – emozioni e affidato le sue riflessioni, sempre di speranza, il “Diario” di Maccioni si conclude il 5 maggio quando scrive: “Ora che le nostre città sono ripartite, possiamo con più libertà guardare indietro. Dentro l’isolamento forzato del ‘tutti in casa’, per vedere se le cose che ci sono mancate, alla prova della realtà erano davvero così importanti”.
Una lettura che non può mancare alla riscoperta di qualcosa di nuovo e di bello da vivere di nuovo insieme dopo questo tempo “sospeso” e le tante domande …
Raffaele Iaria