4 Maggio 2020 – Annecy – Sono tante, infinite le “voci” che affollano la nostra vita. Ogni giorno ascoltiamo mille pareri, mille punti di vista, mille diverse considerazioni. E se apriamo un giornale, o se guardiamo un telegiornale, o – ancor più – se navighiamo su internet, veniamo quasi sommersi dalle “voci”, dalle notizie e dai commenti che incontriamo: tanto che ci rassegniamo a sfogliare, o a fare lo zapping, o a cliccare qua e là, con distrazione e senza mai approfondire più di tanto.
Ci troviamo così ad essere sempre indecisi e disorientati davanti alle tante “voci” che affollano la nostra vita. Pensiamo alla tragica pandemia di questi giorni: chi ha davvero ragione? Forse tutti, o forse nessuno. E noi siamo ogni giorno più confusi davanti a queste “voci” così diverse…
Siamo appunto come le pecore del discorso di Gesù che abbiamo letto nel Vangelo di ieri: dispersi e confusi dalle “voci” dei tanti pastori che cercano di portarci nel loro ovile. Siamo dispersi e confusi, al punto da sentire in noi il desiderio di una “voce” che riconduca ad unità la nostra vita, di una “voce” familiare ed amica, che parli al nostro cuore, risvegliando quella speranza di un tempo che ormai ci sembra troppo lontana…
Anche la folla che ascoltava Pietro nel giorno di Pentecoste sentiva questo desiderio di unità. E quando videro quel pescatore predicare insieme ai suoi amici pensarono di essere di fronte all’ennesima “voce” che si aggiungeva alle tante “voci” già sentite: tanti profeti ed invasati erano infatti già comparsi in quegli anni inquieti. Ma il discorso di Pietro era diverso: non annunciava miracoli straordinari o disastri imminenti, e neanche predicava a favore della pace o contro la guerra, a favore degli invasori romani o contro la loro tirannia; semplicemente il discorso di Pietro raccontava la storia di quel Gesù che era stato crocifisso ma che Dio aveva costituito “Signore e Cristo”.
Proprio il racconto di quella storia trafisse il cuore della gente che ascoltava: perché quella storia parlava di un uomo che “oltraggiato non rispondeva con oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta, ma rimetteva la sua causa a colui che giudica con giustizia”. Quella storia cioè parlava di un uomo che aveva attraversato con coraggio la dispersione e la confusione della sua vita, che aveva saputo attraversare anche la tragedia di una morte ingiusta e violenta; quella storia parlava di un uomo che, in ultimo, aveva trovato l’unità della sua vita nella giustizia buona del Padre. Appunto il racconto di quella storia trafisse il cuore della gente che ascoltava: perché proprio di una storia simile aveva bisogno la gente. Erano tutti stufi ormai di quei discorsi sulle leggi da osservare, sulle opere buone da compiere, sui valori da custodire.
Erano tutti stanchi di belle parole: avevano bisogno della storia di un uomo che fosse stato capace di raccogliere in unità la dispersione della vita. E la trovarono nella storia di Gesù, il Crocifisso diventato Signore.
Così può accadere anche per noi, nella dispersione e nella confusione dei nostri giorni. Anche noi possiamo trovare nella storia di Gesù quella “voce” del pastore che ci dà luce e sicurezza, che orienta i nostri pensieri e le nostre scelte, che ci conduce ad una vita vera ed abbondante, come ci ricorda il Vangelo di Giovanni al capitolo 10: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”.
E possiamo incontrare la storia di Gesù nella celebrazione domenicale dell’Eucaristia, o nel segreto della nostra camera, senza andare in capo al mondo o alla scuola di chissà quale maestro. Adesso, in questo periodo pasquale, possiamo imparare da Gesù a raccogliere in unità i nostri giorni dispersi.
Ma qui ora sorge spontanea una domanda: siamo capaci di tacere per ascoltare la sua voce? (don Pasquale Avena – Mci Annecy)