21 Febbraio 2020 – Bari – Il fenomeno migratorio è “questione mediterranea”, ed è “questione di tutte le Chiese del Mediterraneo, in modo particolare perché il mare è diventato spazio in cui si consumano tragici viaggi della speranza che sovente si concludono con la morte”. A dirlo questa mattina Adriano Roccucci, ordinario di Storia contemporanea all’Università Roma Tre, aprendo la terza giornata dell’incontro “Mediterraneo frontiera di Pace” promosso dalla CEI e che si concluderà domenica con la visita di Papa Francesco.
Alcune stime riportano il numero di oltre 19.000 morti nel Mediterraneo tra il 2013 e il 2019. Di fronte a questa enorme tragedia – ha detto Roccucci durante la sua relazione sul tema “Speranza cristiana e Mediterraneo. Le sfide di un cambiamento d’epoca” – “non si può far finta di niente innanzitutto per un senso di umanità. Così come non si può far finta di niente di fronte alla condizione di profughi e migranti nei campi sulle isole greche o in Libia. È una domanda che riguarda tutti, chi vive a nord del mare e chi vive a sud o a est di esso. La coscienza dei cristiani, di ogni cristiano, non può non esserne inquietata e interrogata”. Dalla “commozione” per quelle morti in mare e dall’impegno per evitarne altre è nata l’esperienza dei corridoi umanitari che “garantiscono a rifugiati, a famiglie e persone in condizioni di vulnerabilità, di raggiungere l’Europa dal Libano e dal Corno d’Africa in modo legale e sicuro”.
Nel 2017 nel mondo sono stati registrati 258 milioni di migranti. Il fenomeno delle migrazioni non è solo questione europea, ma è questione mediterranea, ha sottolineato il relatore aggiungendo che “i flussi della mobilità raggiungono il Mediterraneo dall’Asia e dall’Africa subsahariana”. In quei continenti “altre guerre e condizioni di povertà alimentano i movimenti migratori, resi ineluttabili anche dai grandi e crescenti squilibri demografici”. Roccucci ha quindi ricordato quanto scritto nella loro dichiarazione comune sull’isola di Lesbo il Papa, il Patriarca di Costantinopoli e l’Arcivescovo ortodosso di Atene: la tragedia della migrazione “è fondamentalmente una crisi di umanità, che richiede una risposta di solidarietà, compassione, generosità”. La posta in gioco, su cui misurarsi, è “alta”. L’insegnamento dei papi, a partire da Pio XII fino a Francesco – ha detto Roccucci – ha “riproposto alla Chiesa il dovere cristiano dell’accoglienza e alla società l’appuntamento ineludibile con il migrante”. Il relatore ha quindi evidenziato come il fenomeno delle migrazioni “suscita reazioni di paura e di chiusura, spesso alimentate ad arte e manipolate. Un discorso nazionalista si accompagna a tali reazioni. Viene messa in discussione l’universalità della Chiesa. Oggi – ha continuato – si pone in modo nuovo e pregnante la domanda sulla dimensione universale del cattolicesimo in comunità tentate dalla chiusura, dall’etnicismo, dal nazionalismo, mentre si affacciano modelli di nazional-cattolicesimo”. Accogliere, proteggere, promuovere e integrare: questa è “la risposta che la Chiesa indica al fenomeno delle migrazioni contemporanee e che occorre tradurre in azioni concrete, in proposte alla società, in una cultura da diffondere”.
La condizione dei migranti – ha quindi spiegato il docente di Roma Tre – rivela “una lesione della dignità della persona umana, in altre parole una violazione dei diritti umani fondamentali. Si vengono formando società esclusive, fondate sulla logica dello scarto, che colpisce i più poveri e vulnerabili. Il mondo mediterraneo è attraversato da linee di separazione che insistono sulla disuguaglianza. Sono linee mobili che la perdurante crisi economica ha contribuito a spostare allargando l’area degli esclusi. A volte queste linee diventano muri invalicabili”. E l’iniquità, “frutto delle ingiustizie e delle discriminazioni, agisce all’interno delle società nazionali. È un fenomeno che riguarda anche i paesi dell’Europa mediterranea”. (R.Iaria)