8 Gennaio 2020 – Rimini – La partenza di Giuseppe e Maria da Nazaret; la nascita di Gesù, la fuga in Egitto della Sacra Famiglia. La Messa dei popoli è iniziata sul sagrato del Duomo, a Rimini: un presepe vivente che ricorda che anche oggi Gesù, insieme a tanti poveri, «non trova alloggio, e nasce in posti di fortuna: una povera capanna; un cartone con una coperta, una panchina. – fa notare Cesare Giorgetti, direttore di Migrantes Rimini – Anche oggi a riconoscere e lodare il Dio con noi, sono soprattutto i poveri, i pastori, coloro che sanno lasciarsi guidare dalle stelle e dai sogni».
Per i suoi 25 anni, la Messa dei Popoli, animata dalle comunità di immigrati cattolici di ogni nazione presenti sul territorio riminese nella solennità dell’Epifania, si è voluta “regalare” la novità dei momenti principali della Natività rappresentate da alcune comunità di immigrati.
Il successivo festoso sventolio di bandiere multicolori, accompagnato da applausi scroscianti delle centinaia e centinaia di presenti (molti vestiti in abiti tradizionali), ha poi dato il via alla processione nella Cattedrale della Messa dei popoli. «La Messa dei popoli – ha commentato Mario Galasso, direttore della Caritas diocesana – è un’occasione per esprimere la festa e la fede, ciascuno nella propria cultura. Ma questi nostri fratelli arrivati da lontano ricordano anche il dramma di tanti immigrati costretti a fuggire dai paese d’origine in cerca di pace, lavoro e vita dignitosa».
A presiedere la Messa è stato lunedì (6 gennaio, ndr) il vescovo di Rimini, Francesco Lambiasi. «A pensarci bene, tutti, me compreso, possiamo confessare che veniamo anche noi o siamo venuti da lontano. Ciò che colpisce nel racconto dei Magi, è il loro cammino solo per una piccolissima luce, letta nello sconfinato libro dell’universo». La liturgia è stata animata dagli immigrati con canti, colori, preghiere in diversi idiomi e gesti delle diverse tradizioni. Il coro multietnico diretto da Simonetta Guidi ha eseguito canti in rumeno, peruviano, filippino, ucraino, argentino, cinese, nigeriano e venezuelano. Nella processione offertoriale i vari rappresentanti delle comunità presenti, vestiti con i costumi tradizionali, hanno portato all’altare prodotti e oggetti tipici del loro Paese d’origine mentre le ragazze di nazionalità filippina si sono “esibite” in una danza tradizionale accompagnando all’altare Gesù Bambino.
Al termine della celebrazione, dopo il tradizionale bacio alla statua di Gesù Bambino, la Caritas diocesana ha aperto le sue porte per una cena a buffet con specialità tipiche preparate dalle stesse comunità di immigrati. (Paolo Guiducci – Avvenire)