19 Dicembre 2019 – Roma – “La custodia e il silenzio sono la cura perfetta per i malanni dell’autoreferenzialità”. Lo ha detto il segretario generale della Cei, mons. Stefano Russo, questa mattina nella Messa con i giornalisti in vista del Natale.
Per mons. Russo “il custode è il primo responsabile di ciò che gli viene affidato . E quindi non è tanto preoccupato della velocità con la quale dare le notizie, non è impensierito semplicemente dell’audience che queste notizie possono ottenere, ma è attento alle persone”. Una condizione in base alla quale “la comunicazione e l’informazione diventano costruttrici di ponti di umanità e di dialogo, favoriscono una comprensione a servizio anche di quanti non hanno voce, sanno porsi alla ricerca delle cause reali che tante volte sono dietro ai conflitti”. “Sanno far capire, sanno entrare nelle cause, nei contesti – ha aggiunto – e in questo modo aiutano probabilmente a costruire percorsi di pace”. Soffermandosi sul “silenzio che si fa comunicazione”, il segretario generale della Cei ha citato il messaggio di Benedetto XVI per la 46ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, sul tema “Silenzio e Parola: cammino di evangelizzazione”. “Il silenzio è la chiave di volta della comunicazione. È la radice ultima”. La via indicata è quella di “un’informazione fondata sul silenzio e sull’ascolto”. “Sono atti necessari allo svolgersi della comunicazione e prevedono, per prima cosa, quell’apertura di animo per ricevere ogni parola pronunciata e coglierne il giusto significato”. “L’ascolto e il silenzio, fondamentali per la comunicazione – ha concluso il presule -, sono fonte di relazioni vere, sempre nuove e diverse. In queste relazioni, che diventano incontro con gli altri, si sviluppa un’informazione autentica, che non è semplice trasmissione di notizie, ma soprattutto disponibilità, arricchimento reciproco, relazione”.