23 Agosto 2019 – Roma – Fuggono da un deserto ma si ritrovano a vivere in un altro deserto. Con il rischio di essere per sempre stranieri. Incontrare uno sguardo, può provocare un cambiamento. È la storia del ragazzino eritreo che il padre ha affidato a Maria Muscherà, dell’associazione Famiglie per l’Accoglienza e preside di una scuola di Messina. Nel Paese di origine non c’era la possibilità di curare la malattia infettiva che aveva colpito il ragazzino. Coinvolgendo assessori comunali, Caritas e centro di accoglienza, Muscherà ha iniziato a organizzare dei corsi. «Attraverso il progetto“nessuno è straniero ascuola” – ha detto Muscherà – ho voluto presentare lo straniero come ricchezza in quanto portatore di esperienza e cultura diversa».
C’è stato un effetto domino: alcuni insegnanti hanno cominciato ad ospitare nelle loro case i giovani. E C. ha smesso di tagliarsi. Lo faceva per sfogare la rabbia nei confronti della famiglia che lo aveva abbandonato. Niccolò Ceccolini, cappellano dell’Istituto penale minorile Casal del Marmo di Roma, lo ha sorpreso: «Tu per me non ti tagli più perché io ti voglio bene». Nessuno gli aveva mai detto prima: «Ti voglio bene».