Scalabriniani: ancora morti nel Mediterraneo, “l’Europa, però, pensa ad altro

4 Maggio 2019 –

Roma – “Il Mare Egeo si tinge sempre più di sangue: una strage di donne e bambini nell’ennesimo viaggio della speranza divenuta una tragedia purtroppo nota”. Lo scrive in una nota l’Agenzia Scalabriniana per la Cooperazione allo Sviluppo.
Le acque davanti al distretto di Ayvalik, nella provincia di Balikesir, nel nord-ovest della Turchia sono ancora principali “testimoni del percorso principale scelto dai migranti intenzionati a raggiungere l’isola di Lesbo. La Turchia è di fatto e in molti casi un paese di transito verso l’Ue”, si legge nella nota.
“L’attualità ci offre occasioni costanti di dimostrarci esseri umani capaci di sentimenti profondi di partecipazione emotiva verso i drammi di altre persone, quanto più nel caso di bambini, ma anche di compiere gesti conseguenti di prossimità, sicuramente controcorrente visto il clima sociale sempre più discriminante che respiriamo in Italia e in Europa”, afferma p. Claudio Gnesotto, presidente della Agenzia Scalabriniana per la Cooperazione allo Sviluppo (ASCS Onlus). “Buona parte della classe politica non sta dando un buon esempio anche in questa occasione, come già in passato, purtroppo. La tattica securitaria, se ha ridotto gli arrivi in Italia, non ha però diminuito il tasso delle morti che pesano sulla coscienza di chi ci ha condotto in questo stallo contrassegnato da mille promesse fatte, e pochissime mantenute”, continua p. Gnesotto. “È necessario, in questo tempo di confusione e timori indotti a piene mani, che tutti coloro che nella società civile si stanno impegnando, spesso con fatica, per il bene di altri fratelli e sorelle in cammino, non perdano l’entusiasmo di farlo, anche se questo potrebbe sembrare fuori moda. Essere umani infatti vuol dire essere capaci di rischiare l’incontro, senza se e senza ma”, conclude p. Claudio. Gli scalabriniani  ribadiscono “l’urgenza di mettere in atto la buona pratica sostenuta in primis da forze ecclesiali, indicata di nuovo anche da Papa Francesco, della creazione ordinaria di canali umanitari, perché quelli messi in atto sono ancora insufficienti se si pensa alle migliaia di persone ‘bloccate’ in luoghi concreti e segnati da violenze e guerra civile appena dall’altra parte del mediterraneo, dove i diritti umani sono violati in maniera grave e continuativa”.

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