Migrantes Roma: concluso il percorso formativo sul tema delle migrazioni

10 Aprile 2019 – Roma – L’incontro, il dialogo interreligioso, la conoscenza sono le uniche strade percorribili per costruire ponti, in un contesto storico in cui si registrano particolari tensioni sociali: basti pensare alle proteste di Torre Maura verificatesi nei giorni scorsi per il trasferimento di 70 rom. Se ne è parlato sabato mattina, 6 aprile, nell’ultimo appuntamento di quest’anno del percorso di formazione e informazione missionaria. Un dibattito a due voci sul tema: “La diversità religiosa come fattore della migrazione. La sfida dell’evangelizzazione e una sua rilettura alla luce del rispetto delle diversità”. Promosso dal Centro diocesano per la cooperazione missionaria tra le Chiese e dall’Ufficio Migrantes diocesano, l’incontro, moderato dalla giornalista Stefania Falasca (Avvenire), ha visto al tavolo dei relatori Ambrogio Bongiovanni, docente di pedagogia del dialogo interreligioso, e Shahrzad Houshmand, teologa musulmana ed esperta di teologia islamica e di teologia fondamentale cristiana e per questo da tempo impegnata nel dialogo fra islam e cristianesimo.

La teologa si è soffermata a lungo sul documento sulla “Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune” firmato da Papa Francesco e dal grande imam di Al-Azhar Ahamad al-Tayyib il 4 febbraio scorso ad Abu Dhabi. Un testo «vitale» per questo momento storico, da divulgare nelle scuole, nelle università, nelle istituzioni pubbliche «per mostrare al mondo che la falsa teoria dello scontro tra le civiltà non è reale», ha affermato Shahrzad Houshmand. Ribadendo che il dialogo interreligioso è «possibile, fattibile e concreto se siamo veri credenti», ha ricordato che nel 2019 ricorre l’800° anniversario dell’incontro tra san Francesco d’Assisi e il sultano al-Malik al-Kāmil avvenuto a Damietta, in Egitto, nel 1219. «Questo deve essere l’anno della rivolta della misericordia, della fratellanza e dell’incontro – ha aggiunto la teologa musulmana -, solo così potremo essere costruttori di ponti».

Per Houshmand, il Vangelo va proposto senza oppressioni, seguendo l’esempio di Papa Francesco che evangelizza in modo «eccezionale, luminoso e concreto mostrando ai musulmani un volto amico e fraterno». Ha ricordato quindi alcuni momenti delle ultime visite di Bergoglio negli Emirati Arabi e in Marocco improntati sulla pace, sull’unità e sulla fraternità, affermando che «non esiste evangelizzazione più forte» di quella trasmessa con la testimonianza e i gesti concreti. Di religione musulmana, Shahrzad ha dichiarato di amare «profondamente il volto di Gesù», Colui che si china per lavare i piedi del prossimo e muore in croce per tutti. «I gesti di Papa Francesco – ha concluso – scuotono i cuori dei musulmani e fanno amare Gesù. Questa è nuova evangelizzazione perché non si ferma davanti alle diversità di lingue, culture e religioni mentre il mondo occidentale ha dimenticato le radici cristiane».

Sull’importanza della conoscenza delle proprie radici si è soffermato Bongiovanni, secondo il quale «l’incontro con l’altro è possibile solo se si è consapevoli della propria identità. Oggi ci viene proposta un’identità chiusa, statica, senza fondamento antropologico, si parla di identità italiana». A tal proposito ha ammesso di avere «molta paura» dello “spettro” del manifesto della razza del 1938 nel quale si ritrovano «espressioni usate oggi nel linguaggio pubblico sulla razza italica. C’è fabbrica dell’odio e schizofrenia culturale». Da qui l’esigenza di promuovere occasioni di incontro con l’altro, che bisogna considerare «provvidenziale» perché è nell’incontro con il prossimo che si ha «l’occasione di approfondire la propria fede».

Per il vescovo incaricato del Centro per la cooperazione missionaria tra le Chiese, Mons. Paolo Lojudice, (segretario della Commissione CEI per le Migrazioni e vescovo delegato Migrantes per il Lazio, ndr) oggi «siamo carenti sulla sensibilità religiosa» e sarebbe quindi auspicabile organizzare numerosi incontri che mettano in luce «la sensibilità cristiana che portano dentro tante persone che professano altre religioni». Il monito quindi è ad «accogliere chiunque» affinché non si ripetano le «scene del pane calpestato che fanno molto male», ha aggiunto riferendosi a quanto accaduto a Torre Maura nei giorni scorsi, quartiere nel quale il vescovo è nato e cresciuto. «Torre Maura non è quella emersa ultimamente – ha concluso – ma è necessario lavorare sul dialogo». (Roberta Pumpo – RomaSette)

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