Roma – Una marcia per ricordare una “shoà” dimenticata. “Abbiamo voluto organizzare questo evento per mettere al centro soprattutto l’ eccidio di rom e sinti – dice Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 Luglio – che in questa Settimana della Memoria è stato dimenticato dalle istituzioni ancora una volta, perché la legge che istituisce la Giornata della Memoria è vittima di un’amnesia. La nostra intenzione è quella di riproporla ogni anno per tenere accese le luci della memoria anche sulla comunità rom”. Il presidente dell’Associazione 21 luglio ricorda come la legge 211 del 2000, istitutiva della Giornata della Memoria, cita esplicitamente solo “il popolo ebraico” e poi genericamente “gli italiani che hanno subìto la deportazione”. Per questo domenica 3 febbraio l’Associazione 21 luglio, con il patrocinio di Progetto Memoria, ha promosso una “Passeggiata urbana per abbracciare tutte le Memorie”. La manifestazione è partita alle 11 in largo 16 ottobre 1943, nel cuore del ghetto ebraico romano, dove ha dato spazio alla testimonianza di Lello Dell’Ariccia, sopravvissuto alla Shoah. I partecipanti si sono poi recati presso piazza di San Marco, dove è stato possibile ascoltare gli interventi dell’ antropologo Piero Vereni e dell’ antropologa e attivista antirazzista Anna Rivera. La terza tappa in piazza Madonna dei Monti, dove è stata letta la storia del “Porrajmos”. La passeggiata si è conclusa in via degli Zingari, così chiamata perché qui tra il ‘500 e il ‘600 si era insediata una comunità zingara, dove tutti hanno depositato un fiore dinanzi la targa che ricorda le morti di rom e sinti uccisi dalle barbarie fasciste. Ha preso parte all’evento anche il direttore della Fondazione Migrantes don Gianni De Robertis. Tutti i partecipanti hanno attaccato sulla giacca un adesivo con due simboli: la stella gialla a sei punte di David e il triangolo marrone con cui venivano “marchiati” i rom nei campi di sterminio, proprio a voler simboleggiare l’abbraccio delle due memorie. “Porrajmos” in lingua romanì significa “il grande divoramento”. E’ il genocidio di cui sono stati vittime, nelle camere a gas e poi inceneriti nei forni crematori, centinaia di migliaia di rom e sinti. Secondo alcuni gli storici addirittura mezzo milione. Uomini, donne, anziani, bambini colpevoli solo di esistere. I rom spesso furono vittime degli esperimenti dei vari “dottor morte”, come Josef Mengele, convinti che gli “zingari”, popolazione di origine indoeuropea, fossero in origine di razza ariana, ma “contaminati” con il wandergen, un presunto “gene del nomadismo”. Le mescolanze avvenute durante il secolare nomadismo dall’India, avrebbero disperso i caratteri originali della “razza”, deviandola irrimediabilmente. Per evitare il perpetuarsi di commistioni, il nazismo prima di mettere in moto la macchina dello sterminio di massa cercò anche di imporre la sterilizzazione per tutti gli zigeuner sopra i 12 anni.