Torino – Hanno sguardi stremati dopo tre anni di viaggio per cercare di migrare in Europa i due giovani eritrei sbarcati dalla nave “Diciotti”, accolti dalla diocesi di Torino presso la Piccola Casa della Divina Provvidenza del Cottolengo.
Sono John Birhone e Flimon Modhane, entrambi 21enni: hanno lasciato le loro famiglie a 18 anni: prima tappa lunga un anno e mezzo in Libia e poi la rotta verso l’Italia. Erano insieme alle 177 persone rimaste per dieci giorni sulla nave ormeggiata lo scorso agosto a Catania in condizioni umanitarie, sanitarie e igieniche insostenibili.
Non sanno nulla del dibattito politico attorno al loro sbarco. “Abbiamo trovato persone che ci hanno sempre rassicurato che sarebbe andato tutto bene. Ci siamo fatti forza cercando di resistere”, raccontano con un filo di voce.
Dopo lo sbarco, grazie alla disponibilità della Conferenza episcopale italiana, che ha contribuito a sbloccare una situazione di stallo, i due giovani sono stati ospitati per alcuni giorni insieme agli altri profughi che erano a bordo della nave presso il Centro “Mondo migliore” di Rocca di Papa (Roma). Infine alcuni volontari dell’Ufficio Migrantes della diocesi li hanno accompagnati a Torino dove hanno trovato accoglienza dapprima all’Arsenale della Pace del Sermig e poi al Cottolengo.
“Non appena siamo scesi dalla nave” continuano i due ragazzi “ci siamo sentiti accolti: con l’aiuto di Dio ora vorremmo rimanere qui in Italia e trovare un lavoro”.
Ora vivono all’Housing sociale del Cottolengo “CiVivo 15”, la struttura che ospita famiglie italiane e straniere in emergenza abitativa insieme con studenti fuori sede dove sono stati accolti anche il marito e il figlio di Beauty, la donna nigeriana fermata lo scorso inverno alla frontiera di Bardonecchia mentre cercava di migrare e poi morta a Torino.
“Il gesto di accoglienza da parte di 40 diocesi del nostro Paese” ha sottolineato l’arcivescovo dio Torino, Mons. Nosiglia, “testimonia che in modo capillare è presente una Chiesa che segue Papa Francesco e che di fronte ai problemi risponde con concrete soluzioni. Diverse realtà torinesi, inoltre, si sono rese disponibili all’ospitalità e questo mi conferma l’immediata risposta che la città e la diocesi è in grado di dare alle persone nella fragilità: immigrati, rifugiati senza fissa dimora, famiglie in difficoltà per la mancanza di casa e di lavoro”.
I due giovani frequenteranno i corsi di italiano presso l’Ufficio Migrantes in via Cottolengo 22 e condivideranno la loro quotidianità con la famiglia dell’Housing «CiVivo15». Prenderà poi il via un percorso di formazione professionale in vista di un inserimento lavorativo.
“Abbiamo predisposto un programma di accompagnamento”, spiega Sergio Durando, direttore dell’Ufficio Migrantes.
“Accogliere”, ha concluso Mons. Nosiglia, “non significa solo offrire un tetto per far fronte all’emergenza immediata ma è necessario garantire una vita serena e dignitosa favorendo l’integrazione nel tessuto sociale”. (Stefano Di Lullo)