Dai migranti spinta alla crescita

Roma – Se da inizio millennio ad oggi in Italia il contributo della demografia alla crescita economica si è limitato a essere negativo, anziché risultare disastroso, lo si deve all’immigrazione. Un effetto tampone che con ogni probabilità sarà ancora più evidente nei prossimi decenni. A segnalare come con i flussi dall’estero si compensino parzialmente i danni causati dal calo delle nascite nel Belpaese è un report diffuso dalla Banca d’Italia. Si tratta di un occasional paper in cui i tre curatori – Federico Barbiellini Amidei, Matteo Gomellini e Paolo Piselli – con il supporto di statistiche, analisi e stime evidenziano che la demografia ha dato e darà un contributo diretto sensibilmente negativo al Pil. I flussi migratori non saranno in grado di invertire il trend – è la tesi degli autori – ma eviteranno conseguenze peggiori. Oltre a lanciare l’allarme per la restrizione della crescita, nel documento si avanzano anche suggerimenti. In particolare si propongono interventi per favorire l’estensione della vita lavorativa, l’aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro e l’incremento nei livelli di istruzione per “contrastare i puri effetti contabili legati all’evoluzione nella struttura per età”. Tornando all’apporto positivo dei flussi, si parte da quanto già avvenuto negli anni scorsi prima di lanciarsi in previsioni. Il contributo dei migranti alla crescita del Pil nel decennio 2001-2011 dice che la crescita cumulata è stata positiva per 2,3 punti percentuali, mentre sarebbe risultata negativa e pari a -4,4% senza l’immigrazione. Sempre nello stesso periodo il Pil pro capite senza la componente straniera avrebbe subìto un calo del 3%, invece del 1,9% effettivamente registrato. Ancor più significativo è risultato il contributo della popolazione straniera per l’ultimo quinquennio, quello in cui la crisi si è fatta sentire con particolare incisività: la flessione del Pil pro capite (-4,8%) sarebbe stata più marcata in uno scenario di assenza della popolazione straniera (-7,4%).

Passando ad analizzare i potenziali effetti dell’evoluzione demografica futura sulla crescita economica, lo studio sottolinea che “l’effetto meccanico delle dinamiche demografiche determinerebbe in 45 anni un calo del Pil del 24,4 per cento rispetto ai livelli del 2016 e del 16,2 per cento in termini pro capite (-0,4 medio annuo), a parità di altre condizioni”. Per compensare il contributo negativo della demografia, in modo da mantenere il reddito reale pro capite sui livelli attuali, la produttività dovrebbe crescere a un ritmo dello 0,3% all’anno. Ecco, in questo quadro già desolante, se si azzerassero i flussi migratori futuri e la componente di popolazione straniera già residente in Italia al 2016 assumesse parametri demografici identici a quelli dei nativi italiani, il risultato sarebbe devastante: “Il livello del Pil aggregato risulterebbe dimezzato con un calo del 50%. Il livello del reddito pro capite nel 2061 risulterebbe inferiore di un terzo rispetto al livello del 2016”. A quel punto per compensare la diminuzione del reddito pro capite, la produttività dovrebbe crescere allo 0,64% all’anno. (Luca Mazza – Avvenire)