Roma – “Nessun popolo è criminale o narcotrafficante o violento. ‘Si accusano della violenza i poveri e le popolazioni più povere, ma, senza uguaglianza di opportunità, le diverse forme di aggressione e di guerra troveranno un terreno fertile che prima o poi provocherà l’esplosione”: citano Papa Francesco, e in particolare l’Esortazione Apostolica Evangelii gaudium, i sacerdoti che operano nelle periferie di Buenos Aires, i quali, in un documento intitolato “L’immigrazione e il razzismo”, esprimono la loro preoccupazione per la decisione delle Istituzioni nazionali di rendere più severe le leggi sull’immigrazione e la cittadinanza. Una decisione, riporta l’Osservatore Romano, che potrebbe avere “conseguenze discriminatorie” e incentivare il razzismo e la xenofobia, scrivono. “Il nostro popolo ha scorte morali, che ci invitano alla solidarietà e all’ospitalità. Preferiamo una legislazione che non si concentri tanto sulle punizioni ma cerchi invece di convogliare il potenziale dei migranti per il bene comune della nazione”. Nel testo — firmato tra gli altri da padre José María “Pepe” Di Paola — viene condannata l’associazione migrante-reato: lo straniero “non può essere ritenuto responsabile del problema della droga, dell’insicurezza e di tutti gli aspetti negativi della società. Il problema non è l’immigrazione ma il crimine. Siamo convinti che lo sfruttamento sofferto spesso dai migranti sia causato dai muri invisibili della discriminazione, che ci separano da essi come dagli altri, rendendoci insensibili e creando in noi la difesa immaginaria da una paura giustificata solo dal pregiudizio. Per i curas villeros, le misure che rafforzano il controllo migratorio in Argentina, rischiano dunque di aggravare la frammentazione e le divisioni, “distruggendo il nostro sogno nazionale di popolo”.