Roma – Il fenomeno migratorio è “un fenomeno che non è possibile rimuovere”, e che è necessario “organizzare in Europa, in maniera più intelligente, l’accoglienza e l’integrazione”, evitando alcuni errori come “consentire che si creino ambienti, luoghi di emarginazione, ghetti per gli immigrati e per le successive generazioni, che li facciano sentire emarginati dalla società”. A dirlo è il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in una lunga intervista pubblicata al settimanale “Civiltà Cattolica” in occasione del n. 4000 della storica rivista dei Gesuiti. Per il capo dello Stato per evitare di creare “sacche di emarginazione” che sono “ingiuste, ma anche foriere di pericoli”, occorre fare una “scelta coraggiosa”: “non parlare più di ‘seconda generazione di immigrati’, ma di ‘italiani di altra origine’”. “Nel 2015 vi sono stati, tra gli europei, più morti che nuovi nati. In alcuni Paesi africani e asiatici l’età media è tra diciotto e vent’anni. In più, i mezzi di comunicazione di oggi offrono una conoscenza immediata e reale delle condizioni di vita nei diversi continenti. È diventato, inoltre, possibile per tutti viaggiare, anche se per molti – come sappiamo – a costo di sofferenze e di grandi pericoli. Quello migratorio è un fenomeno che non è possibile rimuovere”, ha spiegato Mattarella evidenziando che i continenti hanno “perso la distanza tra loro, ed è fuori dalla realtà chi pensa a un mondo che non c’è più. Questo comporta problemi nuovi, non soltanto per l’Europa. Lo vediamo anche negli Stati Uniti e altrove”. L’Italia è stata un Paese di emigranti per molto tempo e poi è divenuta “un Paese sia di transito che di arrivo. Passare dalla condizione di Paese di emigranti a quella di Paese ospitante – ha detto ancora il presidente della Repubblica – è un mutamento impegnativo. Ma noi, forse, per la condizione precedente di Paese di emigranti, eravamo meno impreparati, anche per la vicinanza alle coste africane. Altri Paesi sono stati colti di sorpresa, come se non si aspettassero questo fenomeno, e sono rimasti fortemente disorientati da quello che è avvenuto. Alcuni di essi tendono a chiudersi, come se fosse possibile erigere una barriera o dei muri, senza rendersi conto che non c’è né barriera né muro che possa frenare un fenomeno storico di questa portata. Quella reazione rappresenta – ha aggiunto ancora il presidente della repubblica – una fuga dalla responsabilità di affrontare il problema e dal dovere di governarlo: con senso di responsabilità, con equilibrio, ma di governarlo”. Si tratta – ha spiegato Mattarella – di un compito “difficile” per i singoli Paesi. Lo può svolgere “con maggiore efficacia l’Unione Europea, se lo assume su di sé, come dovrebbe e come noi insistiamo perché avvenga. Perché occorre, anzitutto, stroncare il traffico di esseri umani, con tutte le turpi attività dei trafficanti, e prevedere dei canali, legali e regolati, di immigrazione che non passino attraverso lo sfruttamento dei mercanti di persone. Occorre distinguere anzitutto tra i profughi e i migranti per soli motivi economici, che meritano, comunque, rispetto anch’essi, perché sono spesso persone che fuggono da condizioni di sopravvivenza insostenibili. Anche per questo l’Italia ha chiesto all’Unione Europea di adottare quello che è stato chiamato il migration compact, un progetto di collaborazione con i Paesi africani da cui partono e transitano i profughi, destinandovi molte risorse finanziarie, anche a costo di qualche sacrificio dei Paesi europei, perché soltanto migliorando le condizioni di vita nei Paesi da cui nasce il flusso migratorio questo fenomeno può essere regolato in maniera più ordinata. Perché nessuno lascerebbe la propria casa, la propria terra, se vi potesse vivere in tranquillità con i propri familiari”. Per questo, secondo Mattarella, occorre creare condizioni migliori nei Paesi da cui nascono i flussi. “Occorrerà tempo, ma bisogna farlo e, per farlo con efficacia, bisogna partire subito con questa azione. Inoltre bisogna organizzare in Europa, in maniera più intelligente, l’accoglienza e l’integrazione di chi comunque arriva e arriverà. È necessario evitare alcuni errori: quello di consentire che si creino ambienti, luoghi di emarginazione, ghetti per gli immigrati e per le successive generazioni, che li facciano sentire emarginati dalla società. Occorre affrontare con intelligenza e con coraggio il tema delle generazioni successive alla prima che arriva”. E parlando dei giovani di seconda generazione ha chiesto “un grande rispetto” per loro che, da un lato, avvertono “con giusto orgoglio le loro origini, ma che non sono più esclusivamente e interamente partecipi della comunità da cui sono partiti i loro genitori. Si ha il dovere di evitare che essi si sentano esclusi anche dalla comunità in cui sono collocati e di cui si sentono parte per lingua, cultura, abitudini, costumi di vita”. Quindi evitare di parlare di “seconda generazione di immigrati” ma di “italiani di altra origine”: si tratta di “una scelta coraggiosa, aderente alla realtà, ed è anche il modo di evitare che si creino delle sacche di emarginazione che sono ingiuste – e questo è il principale motivo –, ma sono anche foriere di pericoli”. (R.I.)