Mons. Perego: chi è in cammino è solo e quindi ha bisogno di qualcuno che si faccia vicino e lo accompagni dopo averlo accolto

Roma – “Questi anni sono stati belli, perché l’attenzione agli emigranti italiani (che sono oltre quattro milioni e ottocentomila), e cinque milioni di immigrati in Italia, il mondo dei rifugiati (mezzo milione di persone sbarcate sulle nostre coste) o dei Rom, il mondo dello spettacolo viaggiante e gli artisti di strada, sono state per me occasioni per conoscere un popolo in cammino”.

A dirlo oggi è mons. Gian Carlo Perego, direttore Generale della Fondazione Migrantes sul numero  del settimanale diocesano “la Voce di Ferrara-Comacchio”, rispondendo ad una domanda del direttore  Massimo Manservigi.

Per mons. Perego, arcivescovo eletto della di Ferrara-Comacchio, “chi è in cammino è chiamato a portare con sé l’essenziale, al tempo stesso chi è in cammino è solo e quindi ha bisogno di qualcuno che si faccia vicino e lo accompagni dopo averlo accolto. Meditando su quattro verbi che il Papa ha ricordato nell’ultimo incontro, al Forum su ‘Migrazioni e pace’: accogliere, tutelare, promuovere e integrare, scopriamo – spiega il direttore di Migrantes – le quattro modalità con cui coniugare anche oggi una pastorale della mobilità, e che non è soltanto la pastorale di chi arriva da noi, ma è anche quella di studenti che si muovono ogni giorno, di lavoratori che si spostano quotidianamente, di turisti che arrivano sulle nostre spiagge, di persone che sono costrette a lasciare l’Italia – circa centosettemila – per andare a trovare un posto di lavoro all’estero e che sono tre volte di più rispetto a chi arriva in Italia”. Sono i problemi che le nostre famiglie e i nostri giovani stanno vivendo. “Questo – ha aggiunto –  è il patrimonio che porto con me e spero di arricchirlo ulteriormente con gli incontri e con le provocazioni che vengono dalla Chiesa di Ferrara-Comacchio”.

Nell’intervista mons. Perego spiega alche il senso della scelta del motto “Gaudium et Spes”: un documento che “rimanda a uno dei documenti del Concilio che più amo e che più ho studiato. È uno dei documenti che ha rinnovato il rapporto Chiesa-mondo, ha rafforzato il dialogo, l’incontro, la valorizzazione di diverse realtà come la cultura, l’economia, la vita familiare, la vita sociale, il tema della pace”. (Raffaele Iaria)