l no delle ong al piano con la Libia per chiudere la rotta del Mediterraneo

Roma – Per chi è in prima linea a salvare vite e ad accogliere i disperati che fuggono dalle guerre e dalle discriminazioni, il piano che l’Europa intende sottoscrivere con il Paese in guerra è «inaccettabile». «Chiudere la rotta del Mediterraneo centrale vuol dire costringere le persone a rimanere in una Libia non stabile, non sicura e soprattutto non in grado di rispettare i diritti umani e l’incolumità dei migranti» è preoccupato padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli. «Si grida all’emergenza, si crea allarme nella società, si cavalca l’onda della paura – prosegue Ripamonti – per ottenere consenso politico. I migranti rischiano la vita in mare perché non hanno alternativa. Bloccare il passaggio nel Mediterraneo non vuol dire, come molti sostengono, evitare che le persone muoiano; al contrario, senza un’alternativa possibile per l’ingresso in Europa, i trafficanti sperimenteranno vie sempre più pericolose e mortali». «Il piano con la Libia rischia di intrappolare migliaia di bambini» lancia l’allarme Save the Children. Minori «esposti ad ogni sorta di violenza e abuso» prosegue l’associazione umanitaria, «in un Paese dilaniato dalla guerra e privo di un qualunque sistema di tutela e protezione dei diritti umani». Anche Ofxam punta il dito contro un accordo «con un Paese che non potrebbe tutelare i diritti dei migranti». Mentre Medecins Sans Frontieres, da anni presente nei campi profughi in Libia e quindi testimone della «situazione drammatica in cui vivono migliaia di rifugiati, sottoposti ai lavori forzati come schiavi» chiede di rivedere il piano per contrastare i trafficanti e fermare il flusso di morte che continua ad attraversare il Mediterraneo.