Mons. Galantino: l’accoglienza come stile cristiano

Roma – “La Chiesa non è un potere accanto a un altro potere. Altrimenti non potrà mai gettare le reti dall’altra parte, anima e corpo. Difficilmente riusciremo a incarnare lo stile cristiano se ci faremo contagiare da paura, pigrizia, indifferenza. Se non ci rimbocchiamo le maniche per inventare gesti, fatti, che strappino gli ultimi alle onde, non solo delle acque ma della cattiveria, resteremo lontani da uno stile cristiano veramente accettabile”. Lo ha ribadito ieri sera  monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, nel suo intervento intitolato “Segni di speranza davanti ad un mare che non può essere solo cimitero” durante il convegno dell’Ufficio nazionale dell’apostolato del mare, in corso dal 20 al 22 gennaio a Roma. “Non è che un prete ha una propensione sociale ad accogliere gli immigrati e un altro no. Qui c’è di mezzo l’essere cristiani, non c’è alternativa – ha precisato -. È importante uno stile cristiano per superare l’approccio all’altro come ostile e dare una testimonianza efficace. Bisogna anche fare delle scelte. La domanda si è fatta pressante, le mani che ci vengono tese non possiamo ignorarle, c’è solo da decidere da che parte vogliamo metterci. E l’alternativa è una sola”. “Rifiutare il proselitismo – ha continuato – è prendere le distanze dal narcisismo e dalla ricerca di potere sugli altri. La vita non è un ring. La scelta dell’inclusione degli ultimi, dei poveri, è il primo e più importante passo. È frutto di uno stile appreso alla scuola di Gesù, che non si inventa soltanto quando si hanno 10, 100, 1.000 immigrati che bussano alla mia porta e solo se ci sono le televisioni e i giornalisti di turno. Perché se io sono arrogante alla fine mi stancherò. O lo si vive a 360 gradi o diventiamo ridicoli con i nostri gesti a intermittenza. L’inclusione non è una operazione sociologica quanto l’impegno a restituire al povero la dignità che gli è stata sottratta”.