A Ormea, dove il lavoro rafforza l’integrazione

Ormea – In venti hanno preso il patentino europeo per lavorare con la motosega nei boschi, altri hanno imparato a riparare i muri a secco e i terrazzamenti coltivati, altri ancora hanno pulito castagneti secolari ormai ridotti a un accumulo di rovi. Insomma, non sono rimasti con le mani in mano, i 35 giovani rifugiati di Ormea, piccolo comune dell’Alta valle del Tanaro, in provincia di Cuneo. Il loro arrivo, un anno fa, aveva scatenato la rivolta di una parte dei 1.650 abitanti, disposta a pagare di tasca propria i cinquantamila euro al proprietario dell’albergo – che aveva dato alla Prefettura la disponibilità a ospitarli – pur di tenerli lontani dal paese. Dopo giorni di tensione, ci ha pensato il sindaco a stemperare gli animi, assumendo in proprio la gestione dell’accoglienza. Ormea è così diventato il primo (e finora unico caso) di gestione pubblica diretta dei migranti.

«D’accordo con la Prefettura – spiega il sindaco Giorgio Ferraris – abbiamo sistemato e messo a disposizione l’ex-casa di riposo per anziani, di proprietà dell’Ipac “Casa di riposo Renzo Merlino”, ente totalmente pubblico gestito da un consiglio di amministrazione nominato dal Comune».

Qui hanno trovato ospitalità 35 migranti, tutti maschi, di cui venti nigeriani e gli altri dell’area subsahariana, che hanno presentato domanda di permesso di soggiorno per motivi umanitari e sono ancora in attesa di una risposta. Nel frattempo si sono dati da fare, anche per “rispondere” con i fatti all’ostilità attorno al loro arrivo.

«La Lega ha raccolto cinquecento firme contro, ma io vado avanti», assicura Ferraris, che ha investito 84mila euro per ristrutturare la casa di riposo dove ospitare i migranti, ma ne recupera 18mila al mese, per la loro gestione.

I “famosi” 35 euro al giorno per migrante, sono utilizzati dal Comune per pagare lo stipendio alla decina di operatori, tutti giovani di Ormea, assunti per dare assistenza ai rifugiati. «Facendo lavorare questi ragazzi immigrati – puntualizza il sindaco – non abbiamo tolto un euro di lavori a Ormea. Lo scorso inverno hanno spalato la neve dove, prima, nessuno la toglieva. In primavera hanno pulito e sistemato sentieri, che da decenni non venivano più curati, contribuendo così non soltanto a migliorare la bellezza del nostro territorio, ma svolgendo anche un prezioso lavoro di prevenzione del dissesto idrogeologico». Che, quando ha colpito Ormea, con la piena del Tanaro del novembre scorso, ha visto i migranti, ancora una volta, in prima linea con la pala in mano a togliere fango insieme ai locali.

«Un anno dopo – conclude il sindaco Ferraris – posso dire che l’accoglienza a Ormea sta funzionando bene. La soluzione migliore per accogliere i migranti è quella dei piccoli gruppi. Non ha senso ed è controproducente stiparne decine in palazzoni. Molto meglio l’accoglienza diffusa sul territorio in comunità piccole, dove è più facile intrecciare rapporti di buon vicinato. Oggi i ragazzi sono ben integrati e stanno anche imparando un lavoro, che potrà sempre venir loro utile nel caso decidessero di stabilirsi da noi o in qualche altro paese di montagna».

Così, senza tanto clamore, a Ormea, sulle montagne piemontesi al confine con la Liguria, stanno vincendo la scommessa dell’accoglienza e dell’integrazione. (Paolo Ferrario – Avvenire)